Conosco Maria soltanto tramite facebook e tanti messaggi privati che ci siamo scambiate. Di lei ho subito percepito la grande passione per il suo lavoro, che viaggia di pari passo con l’empatia, modulando il suo aiuto in base a chi ha di fronte. Mi sono spesso chiesta se io riuscirei a fare un simile lavoro, l’infermiera in generale, a rimanere distaccata, asettica, per non farmi ferire a mia volta dal dolore di certe dinamiche. Maria mi ha risposto, credendo nell’imprevedibilità e nelle conseguenti risorse che ne emergono, ogni volta diverse. Anche nel dolore, si puó crescere.
Ma di Maria parleró più avanti, perchè a maggio la conosceró di persona e avró modo di condividere tanto con lei. Voglio riportarvi la storia che lei mi dona, una storia d’amore dolorosa, tanto dolorosa… Mi ricorda il mio recente personale dolore per la perdita di una persona amata, mi trafigge il cuore al pensiero della piccola Mariachiara che sta lottando per la vita, a cui tante e tante amiche mamme pensano e pregano…
Sono combattuta… Tanto… Non so quali parole usare per parlare di questa mamma coraggiosa, ho troppe emozioni che mi confondono, mi limito a riportare parte del suo pensiero, che condivido e che dice ” certi bambini vanno a toccare anche altre persone vicine nel senso relazionale, senza limiti di distanza”.
E ripensando al bellissimo sorriso di questa mamma, io semplicemente vi  dono questa storia, proprio come è stata donata a me… Grazie col cuore!

 

CARLOTTA
Nasce nel nostro centro di Patologia Neonatale ad Ascoli Piceno, a 35 sett di gestazione con grave ritardo di crescita intrauterina. A tre giorni di vita per le note dismorfiche e la grave cardiopatia associata viene trasferita all’Ospedale Salesi di Ancona dove, dopo esecuzione del cariotipo, viene fatta diagnosi di trisomia 18 o sindrome di Edwards. L’incidenza è stimata in circa 1ogni 6-8000 nati, oltre il 95% dei feti affetti muore in utero. Il 90% dei bambini muore nel primo anno di vita a causa delle complicazioni cardiache, renali o neurologiche o delle infezioni ricorrenti.
Dopo tre settimane Carlotta torna nel nostro reparto con una prognosi di circa due mesi di vita e qui inizi a porti delle domande, perché siamo abituati a curare per guarire, a prenderci cura dei bambini e delle loro famiglie ma sempre prospettati verso la dimissione… e come ci si pone di fronte a due genitori che devono accompagnare il proprio figlio a fine vita? Nei primi giorni al passaggio delle consegne fra noi infermiere, le domande più frequenti erano: “la mamma come ti sembra? E il papà?” Le impressioni erano comuni: “la mamma carina, tranquilla, sempre gentile, il papà invece taciturno, cupo, si vede che soffre!” Io ricordo benissimo la domanda che ho iniziato a porre alle mie colleghe dopo aver conosciuto la mamma,”ma la mamma ha capito? Sa che comunque la figlia non tornerà mai a casa?”
L’evento della nascita è fisiologicamente accompagnato fantasie idilliache da parte dei genitori, quando però qualcosa non va, il brusco cambiamento di prospettiva fa calare un velo grigio sull’immagine che i genitori si erano fatti; nel caso di Carlotta il papà era triste, sconfortato, trasmetteva quel tipo di dolore dal quale ti tieni fuori, sei solo uno spettatore discreto, questo velo grigio invece sembrava non fosse calato sulla mamma, sempre sorridente, a volte sembrava un po’ frivola, parlava con la figlia come se dovesse un giorno riportarla a casa si comportava come le altre mamme che superata la fase critica aspettano il tanto sognato giorno della dimissione. Invece avevo completamente sbagliato la mia impressione iniziale, anche se ancora non avevo espresso un mio giudizio, la mamma di Carlotta sapeva eccome se sapeva…

(una delle poche volte in cui Carlotta è potuta stare fra le braccia della mamma)

“ Il 16 giugno, con un mese di anticipo, è nata mia figlia Carlotta, alla quale soltanto pochi giorni dopo hanno diagnosticato la Trisomia 18: sindrome cromosomica letale.
Tutto questo inaspettatamente, perché ero convinta di portare in grembo una bimba sana. Invece la mia Carlotta fin dal concepimento per la medicina era già condannata a morire, prima o dopo la nascita.
Non mi vergogno di dire che piango sempre tranne quando mi trovo davanti a Carlotta. Sembra strano, non ci crederete, ma nonostante la veda lì inerme, senza poterla coccolare, mi sento più forte e non mi staccherei più da lei.
Purtroppo credo che la malattia non lasci scampo, anche perché ci sono una serie di malformazioni degli organi che non garantiscono la sopravvivenza.
Pochi riescono a nascere e Carlotta è voluta nascere senza far soffrire troppo la sua mamma, permettendomi una veloce ripresa per poterle stare vicino almeno dieci minuti al giorno. Fin dai primi istanti l’ho affidata alla Madonna chiedendole di tenerla tra le sue braccia, visto che io non potevo farlo.
Una cosa del genere ti spiazza perché non ci sono cause, ti arriva e basta. Non resta che affidarsi fino in fondo, anche se in maniera confusa, al buon Dio che per qualche motivo l’ha voluta.
Io e Carlotta siamo strumenti di un disegno misterioso e buono di un Dio che non punisce.
Non nego che le mie giornate sono fatte anche di cedimenti in cui rimetto tutto in discussione e in cui ho la pretesa di voler decidere cosa sia meglio per mia figlia, ma quando mi trovo davanti a lei, segno carnale della Presenza di Cristo, non posso che affidare a lui la sua vita, perché lui attraverso Carlotta mi si è reso presente in carne ed ossa. Ed io non smetterò mai di chiedere a lui il miracolo della guarigione della mia piccolina.”

Comunque, durante i miei “studi” sul comportamento della mamma di Carlotta ho notato che quando veniva in reparto (tutti i giorni) si sedeva accanto all’incubatrice, guardava la figlia dall’oblò, la accarezzava per ore , le parlava e poi con noi infermiere e con i medici,faceva delle considerazioni e dava suggerimenti sulle cure alla figlia sempre molto precisi, giusti ed efficaci e un giorno ricordo di aver pensato “però, guarda tu come la osserva attentamente!” ed io che l’ho sempre osservata da sopra l’incubatrice osservandola dal punto di vista clinico, osservavo il colorito, il respiro, la postura, le smorfie di dolore…mi sono seduta dove si sedeva lei e guardate un po’ cosa ho visto? Due occhietti neri, vispi, meravigliosi, indimenticabili…

A questo punto o scegli di non affezionarti e di difenderti mantenendo un atteggiamento professionale e distaccato, oppure scegli di mettere da parte le tue paure e le tue naturali resistenze per concentrarti completamente sui bisogni e le paure del paziente e genitori. Presenza e Accompagnamento : sono le parole su cui si fonda ogni relazione di cura
I genitori di Carlotta hanno chiesto il non accanimento terapeutico prediligendo il benessere della figlia accompagnandola alla morte rispettando i suoi bisogni primari. Quindi Carlotta ha avuto bisogno di ossigeno (per la sua cardiopatia), di nutrizione parenterale (per idratarla e alimentarla in quanto presentava un’importante fistola gastro-esogagea), di terapia antibiotica ( per le infezioni ricorrenti e la presenza di cateteri centrali) e della terapia del dolore, assicurando così una condizione di conforto alla vita che le rimaneva.
Io ho scelto di affezionarmi a lei e alla sua famiglia e posso assicurarvi che è stato l’inizio di un periodo forte, intenso e anche molto faticoso ma che mi ha arricchita sia dal punto di vista umano che professionale, passatemi il termine anche se sembra brutto dirlo, ma è stato bello. Parlo al singolare perché sono io che vi sto raccontando la storia di Carlotta, ma vi assicuro che in reparto pochi hanno scelto di difendersi mantenendo un atteggiamento distaccato e tutti si sono affezionati. Io diciamo ho fatto un po’ strada perchè facendo parte dell’Associazione “Un kg e dintorni” ed essendo il sostegno ai genitori uno dei nostri scopi mi sono proposta proprio come “associazione” e sono stata quindi la prima ad accogliere il papà e la mamma ed aprire un dialogo con loro.
Certo per creare un’alleanza terapeutica in questa situazione clinica e in un reparto di semi-intensiva, bisogna uscire dagli schemi e fare cose un po’ folli!

(La nonna e la sorellina)

Un bisogno primario del neonato è l’essere accolto e per fare questo bisogna rompere le regole del reparto lasciando entrare tutti, i nonni, la sorellina, gli zii, i cuginetti e noi, prima un po’ alla chetichella e poi sempre più spudoratamente lo abbiamo fatto; la sera quando tutti gli altri genitori uscivano dal reparto e quando è stato possibile anche per le condizioni cliniche di Carlotta, tutti hanno potuto godere un po’ di lei e Carlotta godere della sua famiglia.
Io e la mamma in base alle nostre osservazioni( lei dall’oblò ed io dall’oblò e da sopra l’incubatrice) cercavamo di leggere e interpretare tutti i messaggi i che ci inviava Carlotta, modificando il piano assistenziale giorno per giorno in base alle sue esigenze.
Carlotta mi ha insegnato che i bambini nei loro corpicini piccoli, a volte piccolissimi, sanno del loro destino e sanno comunicare intensamente non solo con le loro madri, padri e fratelli ma vanno a toccare anche altre persone vicine nel senso relazionale, senza limiti di distanza.

(Carlotta con la sorellina Margherita)

“Mia figlia Carlotta è nata il 16 Giugno 2012 ed è stata rivoluta da Dio il 26 Settembre dopo 102 giorni di vita. Fin da quando ci hanno dato la sentenza della maledetta Sindrome ‘incompatibile con la vita’ (così abbiamo letto in internet sul corridoio della TIN del Salesi…quando hanno dato il nome di Trisomia 18 alla malattia di Carlotta) ho iniziato a fare i conti con la morte anche se, in fondo, non ci si rassegna mai. Io e mio marito abbiamo capito che ogni istante di vita di Carlotta era un’occasione per amarla e viverla, consapevoli del fatto che ogni crisi poteva portarcela via. E ne ha avute di crisi! E ad ogni crisi non potevamo non dire “ Carlotta dai dai che ce la fai”. Certo sapevamo che prima o poi doveva accadere ma quando eravamo ad un passo dalla morte non potevamo non chiedere a Dio di lasciarcela ancora un po’. Così Dio ha stabilito il giorno, l’ora e il momento. Quando Carlotta è tornata all’Ospedale di Ascoli, è iniziato per lei un percorso di amore grazie all’affetto dei medici e infermieri che ancora oggi ce l’hanno nel cuore perché gli occhi di mia figlia, così ‘Presenti’ e carichi di Mistero, non possono essere dimenticati. Ogni giorno andavamo da lei a volte con la speranza che qualcosa potesse cambiare altri con la rassegnazione e altri ancora chiedendo a Dio di riprenderla con sé per non farla soffrire. Tanti sono stati gli stati d’animo….a volte non sapevamo più neanche cosa sperare. Se sperare che vivesse anche se in condizioni gravi e cmq impegnative per noi o sperare di vederla andar via finendo così il suo calvario. Perché spesso questo era un calvario come la vita di Gesù. Ma Carlotta non ascoltava la mamma che quando la vedeva sofferente gli sussurrava: “lasciati andare. C’è la Madonna che ti aspetta. Lei ti farà da mamma..poi un giorno arriverò anche io”. Carlotta decideva lei ogni volta ed ogni volta dopo ogni crisi feroce che le cambiava i lineamenti del suo bel viso tornava a rifiorire!! E da lì si riaffacciava la speranza del miracolo. Il miracolo! Non sapevo più neanche quale potesse essere il miracolo per lei! Poi il 26 settembre, il giorno del compleanno della mia amata sorella che in questo tempo mi ha sostenuto ricordandomi ogni giorno attraverso il suo vivere a “CHI APPARTENIAMO VERAMENTE”, mio marito uscito di casa alle 5.30 per andare al lavoro alle 6.30 rientra a casa e appena lo guardo capisco che Carlotta non c’è più. Così di corsa siamo andati da lei per coccolarla ancora un po’ e farla bella.
Da qui il nostro vivere quotidiano. Siamo tornati alla normalità che però non è più normalità perché carica di un fatto che è accaduto e di cui oggi non possiamo non tenere conto durante le nostre giornate. Inutile descrivere il dolore…la mancanza fisica e psicologica. Ma tutto è reso meno schiacciante se si vive questo accadimento con la consapevolezza e la certezza che: “Le circostanze belle o brutte che siano, sono modi attraverso cui il Mistero ci chiama. Non sono come tante volte le interpretiamo secondo la nostra misura, la fregatura da sopportare. Hanno uno scopo preciso nel disegno di Dio.”Grazie ad una compagnia umana che Cristo mi ha messo accanto ho vissuto sempre la Sindrome di mia figlia non come una sfiga perché è come se affermassi che mia figlia è una sfiga!! Lei è stato un dono Divino ed io mi sento privilegiata perché Dio ha scelto me e mio marito per darci la possibilità di poterlo incontrare attraverso nostra figlia che prima di noi ha raggiunto il paradiso.”
E’ impossibile per un genitore affrontare da solo la morte del proprio figlio.
La mattina in cui Carlotta è volata via noi infermiere siamo andate in reparto per coccolarla ancora un po’ e lì non ce la siamo sentita di seguire il protocollo aziendale sull’accompagnamento alla salma non volevamo che altre mani la toccassero e volevamo prenderci ancora cura di lei, allora ancora una volta abbiamo rotto gli schemi e, dopo aver chiesto il permesso alla Direzione Sanitaria, abbiamo posto Carlotta nell’incubatrice da trasporto e tutte insieme con il papà e la mamma l’abbiamo accompagnata a piedi in camera mortuaria.