13 anni te.

Di te primogenito. Di te figlio maschio.
Di te che parli prestissimo, di te che fai domande, di te che mi fai perdere in quei meravigliosi occhi verdi.
Ti guardo crescere e ti mostro il mondo. Il mondo secondo il mio punto di vista. Gioco di continuo con te, e spesso ti lascio vincere. Perchè sei piccolo, e perchè in quella tua espressione di vittoria mi rispecchio come una madre corretta. Anzi, una brava mamma che sa fare il suo lavoro di mamma.
Sei felice e io sono felice. Ma è realmente così che si deve fare? Spianare la strada perchè la frustrazione non si deve far sentire?

13 anni di te.

Di te usurpato del ruolo di unico destinatario dell’amore di due genitori. Di te fratello di una femmina. Fratello di una bimba nata con una disabilità.
“Ma guardi, mio figlio non lo vedo geloso della sorellina, le vuole un mondo di bene!”
E chi dice che la gelosia si manifesta in maniera evidente?

Quando parlo con i genitori dei bambini dei miei progetti di psicomotricità, riporto questo piccolo anedotto per spiegare la gelosia:

“Signora, si immagini che suo marito le dica che domani porterà a casa una nuova compagna. Lei resterà sempre la prima moglie, ma lui ha così tanto amore dentro di sé che potrà dividerlo anche con quest’altra donna. Ci sarà sempre spazio e tempo per lei. Si fidi, piano piano, anche lei riuscirà a volere bene alla nuova compagna che entrerà a fare parte della vostra famiglia.”

Come suona?

13 anni di te.

Ti ringrazierò sempre, Tommaso, per avermi donato i tuoi trasparenti occhi di bambino di 4 anni. Sono stati quei nuovi occhi che mi hanno permesso di vedere Emma come bambina e non come diagnosi di sindrome di Down.
Ma ricordo anche il tuo corpo teso, il tuo camminare sollevando i talloni, la tua poca elasticità.
Quale era il messaggio che mi mandavi, attraverso il corpo?

Ti chiedo scusa se all’inizio mi sono focalizzata solo su Emma. Ero convinta di guardare anche te, ma poi ho capito che non ti stavo guardando veramente. Non come tu avresti voluto.

Eppure le mie intenzioni erano buone.
Ma, credimi Tommaso, non è stato semplice capire che dovevo permetterle di mostrarsi a me, spontanemante, e smettere di volerle insegnare tutto.
Mi ci è voluto tempo. Anni di studio e formazione personale per capire. Ho dovuto svuotarmi del vecchio, dei condizionamenti, degli stereotipi, per fare posto al nuovo.
Stavo rovinando un tesoro prezioso, volevo cambiare un’opera d’arte, convinta di fare il meglio per lei.

Ma perchè questo discorso doveva valere solo con una figlia con disabilità?

Forse tu non eri alla stessa stregua di tua sorella? Non eri anche tu un tesoro prezioso che non doveva essere rovinato, cambiandoti a nostro piacimento?
Forse tu, non avendo una disabilità, avevi le basi sicure per crescere, per essere il fratello grande, per capire?
Forse tu non avevi vuoti da colmare?

13 anni di te.

Di te che hai un immenso mondo interiore celato da silenzi e spazi da te rivendicati. Di te che ti emozioni nel raccontarti. Di te che sfuggi quando messo alle strette. Di te che ancora non sai che scuola scegliere, perchè non sai cosa vuoi diventare da grande.

L’ennesimo corso di formazione personale, sul ruolo del grande, del piccolo, dell’uguale e sul significato delle 3 intelligenze, mi porta a capire meglio. A comprendere nuovamente che spesso siamo noi genitori a voler trasformare voi figli. Per sentirvi a noi più affini. Per aggrapparci a voi, che non avete una disabilità, voi che ci darete solo risposte sicure e rassicuranti.

Dico comprendere nuovamente perchè sembrano essere nozioni che si dimenticano facilmente. Difficile rispettare l’altro e trattenersi dal volerlo cambiare.

E’ il bisogno di sentirsi nuovamente bravi formatori. Noi vi abbiamo dato forma, una forma … perfetta? Perfetta se facciamo confronti con il fratello o sorella con disabilità?

Non è cosa semplice permettervi di far fiorire nuovi tralci. Tralci che hanno solo il vostro nome, e non il nostro, tralci unici ed irripetibili.

Quanto vi permettiamo semplicemente essere quello che siete?

Perdonami Tommaso, comprendimi anche tu se a volte non ti comprendo. Se metto troppo del mio e non faccio un passo indietro, frenandomi. Con Emma ho spesso frenato mani e lingua per non fare al posto suo, per gettare le basi di una futura donna autonoma. Dove autonomia è la libertà di saper scegliere.

Attendimi Tommaso, nell’imparare ad essere una mamma capace di trasformarsi nuovamente. Attendimi come io attendo te, rispettando il tuo spazio e i tuoi silenzi, e il tuo trasformarti in ragazzo. Più ti rispetto e riconosco, più tu ti mostri a me, spontaneamente. Ho inteso quale è la tua attitudine, ma sta a te liberarla.

Io faccio un passo indietro, e ti osservo.

Auguri Tommaso. Buon 13 anni di… noi.