Lunedì si comincia.
Un nuovo importante passo.
Accompagnato dai dubbi che ogni grande cambiamento comporta.
Carico delle aspettative che la mia bambina in divenire sa creare.
Questa è la lettera che porterò ai maestri di Emma.
Buon nuovo inzio a tutti voi!

Caro Maestro, cara Maestra,
oggi è il mio primo giorno di scuola primaria e io e la mamma siamo davvero emozionate nel compiere questo grande passo (va bene, forse la mamma lo è ancora più di me!).
Mi chiamo Emma e sono una bambina nata con la sindrome di Down.
Non sono una bambina down, tantomeno sono affetta dalla sindrome di Down, perchè la mia non è una malattia ma una condizione genetica che perdurerà per tutta la vita.
Una mia speciale caratteristica.
Ci tengo a precisarlo perchè le parole sono importanti, soprattutto per i miei compagni curiosi (e i loro genitori) che magari avranno voglia di fare domande per meglio comprendere le mie peculiarità.

Questo cromosoma in più è come un pentolino invisibile che mi porto sempre dietro.
E’ come se fosse attaccato a me con un filo, e me lo trascinassi dietro: a volte si incastra tra le cose perchè ingombrante o pesante, a volte non mi permette di andare veloce, o di capire bene cosa mi stanno chiedendo, a volte mi fa proprio arrabbiare.
Ma non è una cosa cattiva, un mostro da combattere o qualcosa per cui essere triste: è soltanto una piccola parte del mio essere semplicemente Emma.
Posso fare tutto ciò che fanno gli altri bambini, come parlare, giocare, correre, imparare a leggere, scrivere e disegnare, scegliere amici del cuore con i quali condividere maggiormente le mie giornate in aula.
Ma a causa di quel cromosoma a volte ho bisogno di un po’ più tempo, o di un aiuto extra da parte di insegnati e compagni di classe, o di un programma scolastico diverso proprio perchè possa essere orgogliosa del mio imparare.
Mamma e papà sono convinti che più comprensione su qualcosa che non si conosce porti ad una maggiore accettazione, lealtà e rispetto.

In famiglia abbiamo sempre parlato della sindrome di Down. A volte chiedo alla mamma se anche quel particolare bambino ce l’ha, perchè porta gli occhiali, o ha i capelli rossi, o una voglia sulla pelle, o fa delle strane smorfie, o è in sedia a rotelle, o corre più lento di me.
La mamma mi dice che ognuno di noi è diverso, unico ed irripetibile.
Non so se capisco bene queste sue parole, ma ci sto lavorando. Per adesso so di essere molto brava nel capire quando le persone sono tristi, tristi dentro, e nei miei abbracci silenziosi sento il loro cuore parlare.

Credi in me! Fissa per me grandi obiettivi e aspettati grandi risultati, proprio come da tutti gli altri bambini della classe. Non fare al posto mio, sii paziente e anche se mi chiudo in me stessa e decido di non provarci da sola, ricordami che ce la posso fare, dando il MIO meglio.
Insegnami. Rispettami. E sii disposto ad imparare tu stesso da me.
Come diceva Maria Montessori, spesso è l’ adulto che deve farsi umile ed imparare dal bambino ad essere grande.
E io, insieme a voi, so di essere in buone mani.

Emma