Nottata difficile per i miei bambini.
Emma rigirata, agitata, caduta dal letto 2 volte, alzata per venire da noi almeno 4.
Tommaso un continuo aggrovigliarsi tra le lenzuola, addormentato soltanto alle 00.15.
Sveglia alle 6.35. Per me equivale all’alba. Io che vado a letto in media a l’1.00, l’1.30.
Mentre faccio una doccia, flash: essendo ancora in fase trasloco, ho mezze cose qui e mezze nella casa nuova, quindi… dove sarà mai il libro di italiano che Tommaso ha fatto (e nemmeno finito) durante le vacanze?
Prendo l’auto, vado casa nuova, niente, vado casa nonni, niente, riprovo in camera di Tommaso, niente, e mentre gli propino la ramanzina sentita tante volte da ragazzina (e pure in età più matura) che suona tipo eh ma Tommaso è bene che tu sia responsabile dei tuoi libri, io non ti giustifico con i maestri, e lo zaino lo devi preparare la sera prima, non all’ultimo minuto, perchè poi capita come adesso e blablabla… e ti arrabbi e blablabla ho un’illuminazione di dove può essere il libro e tac… recuperato!
Perciò posso dedicare la mia totale attenzione alla vocina della mia coscienza che dice:
ma come… tu che sei spesso in ritardo, poco organizzata, all’ultimo minuto e una sostenitrice del “vabbè, preparo domani mattina? Da che pulpito!
Cammino in ginocchio sui ceci per 2 minuti e chiedo perdono.
Ora posso dedicarmi ad Emma, che nel frattempo sta rigirando la fetta di pane col miele, bisticciando con mia madre che è venuta a pettinarla per il primo giorno, e provando ad inghiottire i pesciolini della Solgar  senza masticarli (perchè i baci all’olio di merluzzo non sono il massimo).
Respiro.
Respiro ancora. Non posso non godermi questo primo giorno di scuola di Emma e passaggio alla classe 5° di Tommaso.
Ricerco il sorriso, lo trovo, mi infilo i saldali, do un biscotto in mano ad Emma e usciamo. Tanto la scuola, per ora, è solo a 4 minuti.
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Emma varca il cancello della scuola con la sua camminata fiera, si mescola al gruppetto di bambini e genitori, ed entra.
Mi soffermo a parlare con un’altra mamma, la cerco con gli occhi, non la vedo… sarà davanti con Giovanni.
Piccola stretta al cuore.
Oh… Non sta entrando in quell’edificio per la prima volta con me.
Registro il pensiero e passo oltre.
Un altro saluto anche a Tommaso, che so bene sta vivendo questo momento con il cuore in subbuglio: gelosia, preoccupazione, aspettative… per se e per sua sorella dai bisogni speciali.
Lo saluto con una carezza e lui si scosta, come per dire sono grande, e so bene che in quel suo ritrarsi ci sono tutte le emozioni sopra citate.

Entro in classe, al secondo piano, Emma trova posto vicino alla porta, appoggia il suo zaino a terra, si siede composta ed eratta, con le mani appoggiate al banco e uno sguardo curioso.
La bimba accanto a lei piange. Emma prende a sua volta un fazzoletto, lo apre e inizia a piegarlo con cura.
Stai forse sistemando, ripiegando, facendo piccolo il tuo vortice di emozioni?

Qualche informazione detta dai maestri, e usciamo.
Ecco… ho lasciato la tua mano bambina mia.
La scuola primaria… un grande passo, un passo che parla di autonomia, competenza, distanza.
Saluto alla maestra di Tommaso e mentre ripasso davanti alla classe con la porta aperta Emma mi vede, afferra lo zaino e viene da me.
Penso “oh no, vuole venire via con me” ma sento più soddisfazione personale che apprensione in questo suo gesto.
E invece lei appoggia lo zaino per terra e mostrandolo mi dice:
mamma non hai messo dentro il quaderno!

Mantra del giorno, creduto e integrato in me, ma è bene ripeterlo nei momenti di cedimento
“dona a chi ami radici e ALI”.
Oggi le tue piccole ali si sono spiegate per andare un po’ più lontano da me.
Perchè è solo in quella distanza tra madre e figlio che un bambino può dire di sè, e creare le proprie autonomie. (cit. B. Aucouturier).

Grazie per la lezione, bambina mia.

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