Quest’anno anche per noi la Giornata Nazionale per la sindrome di Down è stata particolare.
Un Assessore Comunale tempo fa ha potuto conoscere la realtà dell’Albergo Etico di Asti  e ha maturato un desiderio: mostrare anche nella città di Caneva una realtà che vede la disabilità come risorsa.
La sua proposta viene appoggiata dal comitato della sagra,  che organizza una cena a base di selvaggina, antipasti primi e secondi piatti curati, ogni piatto abbinato ad un vino locale.
Niente di speciale potrebbe dire qualcuno, una classica cena a tema, ma la parte speciale riguarda il servizio.
A farlo ci sono i ragazzi del Progetto Casa al Sole e del Progetto Autonomia di Pordenone.

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IMG_7568Quando Claudio mi ha parlato del progetto ero entusiasta e titubante allo stesso tempo, perchè non conosco molti ragazzi grandi con sindrome di Down, ma l’idea di provarci mi stimolava.

E’ stato più facile del previsto. L’Associazione Persone Down Fvg mi ha messo in contatto con i tutor dei ragazzi i quali hanno semplicemente chiesto loro se volevano partecipare a questa iniziativa: nessuna strumentalizzazione, nessuna sovra esposizione da farli sembrare fenomeni da osservare con la lente di ingradimento. Qualcuno ha voluto partecipare semplicemente per fare un’esperienza, altri per parlare di trisomia 21, altri ancora per creare nuove amicizie.

I partecipanti alla cena non erano così numerosi, ma non credo che il basso numero fosse dovuto ad un messaggio non arrivato, quanto piuttosto ad un periodo di restrizioni, dove le uscite a cena per l’intera famiglia pesano.

Ho osservato a lungo i ragazzi, cercato di cogliere le loro emozioni mentre si trovavano in questa situazione. Non per tutti è stato semplice, ma credo che la maggior parte di essi sia stata a proprio agio, qualcuno di sicuro si è divertito.

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Quale messaggio è arrivato?

Ai ragazzi “normodotati”… quale idea si sono fatti dopo questa sera? Ripenso al ragazzo che aiutava Spartaco a servire il vino e alle parole che mi ha detto. Nei suoi occhi c’era una luce così sincera, così vera, che parlava di scambio, di emozione data e ricevuta.

Io, nel mio piccolo, ho cercato di parlare con il cuore, facendo notare quanto poco si starebbe a cambiare. La paura del non conoscere e l’ignorare danno origine a questi comportamenti, ma per chi ha a che fare con le persone con sindrome di Down la paura scompare e l’ignoranza lascia spazio alla coscienza, alla cura, alla tenerezza, alla simpatia, alla personalità unica di ognuna di queste persone.

 

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Massimo Masotti, vicepresidente dell’Ordine dei Medici di Ferrara, quest’oggi ha fatto scalpore con alcune dichiarazioni inconcepibili sulla sindrome di Down, precisamente sulla questione della mamma che ha ritirato la proprio figlia dal nido perchè nel tra il personale c’era un’assistente con trisomia 21.

Ebbene, io sono dell’idea che la conoscenza di cui parlavo sopra non è per tutti. Non sto parlando di credo religioso, o di idealizzazioni eccessive, ma di cuore. Certi cuori sono talmente aridi che nulla li scalfisce.

A volte sento qualcuno dire, riferendosi a loro, “perchè non gli capita nulla di brutto, sempre e solo fortunati…”
Un cuore arido non è una fortuna.
Una vita di agi basati su cose materiali non è una ricchezza.
L’incapacità di riconoscere le bellezze altrui,  di saper tendere una mano, di fare un piccolo gesto per il gusto di farlo, di essere d’esempio positivo per i propri figli e nipoti (ma questa visione varia molto dal punto di vista), tutto ciò, non è degno di lode.

Ripenso ai sorrisi dei ragazzi di quella sera, ai loro racconti sportivi e alle loro confessioni amorose, alla cura che hanno avuto nei confronti miei e della mia famiglia, al loro entusiasmo, alla loro risposta pronta, al loro “sìììì” vigoroso quando ho parlato di come possono essere adulti, e non bambini a vita, se creduti e rispettati, e trattati come persone della loro età.

Ripenso alla signora commossa che uscendo, mi ha stretto forte forte il braccio, e in quel contatto c’erano mille parole di gratitudine, unite al “grazie per avermi fatto vedere una realtà che temevo. Ora la penso diversamente!”

Ripenso a mia figlia, al suo fotografare in giro con la mia reflex, al cogliere particolari nascosti agli occhi altrui, proprio perchè lei è Emma, al suo riguardare la foto appena scattata dicendo “no, questa è mossa…. nooooo, brutta questa…. ahahah che faccia buffa… sìììì!”, al suo dire “io ho la sindrome di Down”.

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Sorrido… sono felice di far parte di quella fetta di mondo che ha potuto imparare a guardare con il cuore!

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(occhiolino di nonno innamorato verso la nipote fotografa)