Un fiume di pensieri, emozioni, immagini mi riempie la testa in questi giorni.

La settimana estiva per famiglie di bambini con sindrome di Down si è conclusa sabato, e come tutte le grandi prove personali, si tirano le somme.
Non è stato facile.
Nemmeno un po’.
Un grande onore e un grande onere insieme, passatomi dal dottor Salvatore Lagati.
Tanto da tenere sotto controllo, tante persone da coordinare, nei grandi e nei piccoli dettagli, tanta ma tanta ma tanta mediazione, soprattutto nei confronti di qualche adulto.
18 famiglie, 5 professioniste, 15 volontari, lo staff della nuova struttura che ci ospitava.
In qualche occasione, correndo per le scale, controllando di continuo l’orologio prestatomi da mio figlio Tommaso (controllandolo con poesia, senza troppo far notare la mia tensione) e riguardando il programma giornaliero mi sono ripetuta ce la puoi fare ce la puoi fare perchè il carico emotivo è stato notevole.
Coordinare e sorridere, respirare e mandare giù il senso di nausea per la stanchezza, coordinare ed abbracciare i miei bambini, sedersi e ricaricarsi non so come per le serate di festa con i genitori, coordinare e piacere a tutti.
Ora, a casa, finalmente davanti al computer, sola e con la giusta musica in cuffia, mi chiedo… ma è davvero così?

E’ davvero necessario piacere a tutti?

Perchè così dovrebbe essere… o perchè lo vorrei io?

Mi amo e mi accetto per quello che sono.

Così ci ha fatto recitare Celestina, l’esperta di cranio sacrale presente alla settimana, durante un esercizio shatzu mirato ad aprire i punti energetici situati nel nostro corpo.
La pressione in certi punti è stata dolorosa, non per l’intensità della pressione ma per ciò che quella pressione andava a risvegliare.
E davvero… chiedo perdono a chi si aspettava qualcosa di diverso da questa settimana ma soprattutto… io perdono me stessa.
Più di così non avrei potuto dare.

Mi perdono.

Non si può piacere a tutti.
Non si può avere la giusta modalità che la persona che hai di fronte si aspetta.
Non si può sperare che le aspettative che una persona si crea vengano raggiunte o addirittura superate.
Ma credo che il messaggio arrivi, l’intenzione arrivi… se si fa posto dentro di se.
Ed è proprio questo spesso il problema.
Voler, anzi poter fare posto dentro di noi, accogliendo l’Altro, che è Altro in relazione con l’Altro che già risiede in noi, ossia le nostre radici, i nostri condizionamenti, le relazioni che hanno lasciato traccia nella nostra vita.

noi compensiamo parti di noi attraverso l’Altro” (cit. S. Compostella)

E’ un continuo aggiustarsi in base a chi abbiamo di fronte.
Complesso e faticoso.
Faticosissimo.

Cosa si dovrebbe aspettare un genitore che arriva a questa settimana?
Una continua esperienza, un’onda di emozioni che non sempre vengono contenute, proprio perchè uniche, date dall’unicità della persona che le prova in relazione al gruppo, in quel particolare qui ed ora.

Cosa si dovrebbe aspettare un professionista che decide di collaborare a questa settimana?
Di essere faro per quei genitori, faro che sa dosare l’intensità della propria ispirante luce, rispettando quel luogo nel quale il genitore è riuscito ad arrivare, spesso con fatica.

Mi perdono.

Perchè spinta dall’intenzione di fare la cosa giusta, questa sono io, oggi.

E se non sono me stessa… chi potrò mai essere? (cit.)