Oggi è stato difficile.
Pensato, ponderato, preannunciato, deciso.
Certo.
Ma come tutti i percorsi importanti che finiscono, lo strascico di emozioni che ti porti dietro ha il suo peso.
Oggi è stato l’ultimo giorno di asilo per Emma.
Come suona strano…
Il suo ultimo giorno di scuola dell’infanzia.
Non più … infanzia, quindi?
Di sicuro non più quell’armadietto, non più classe degli scoiattoli, non più quei corridoi, non più quel via vai di bambini.
Non più le loro canzoncine, non più i racconti di giochi di scavo, o laboratori, o recite, o balletti.
Non più quella frase urlata da chi occupava 2 dei 3 sedili e diceva “al-ta-le-na li-be-raaaa!”
Non più psicomotricità e propedeutica musicale tutto l’anno.

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Emma la prossima settimana andrà al mare con i nonni, e di sicuro il suo desiderio di vacanza, di ozio, di nuove piccole avventure da vivere senza la solita routine quotidiana, l’alletta più del pensiero di finire questo percorso. Anzi, forse oggi questo pensiero non la sfiora nemmeno.
Più del pensiero, che senz’altro appartiene a me e non a lei, che suona più o meno come un “ohmiodiomatirendicontochehaifinitodifrequentarel’asilo?”.
Ho varcato quel cancello con il cuore in subbuglio, puntando da lontano quel cerchio di panchine, di solito ghermito di bambini, dove ho portato e ripreso Emma per questi ultimi 3 anni.

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Emma. Non la bambina con sindrome di Down.
Semplicemente Emma, fin dal primo giorno di asilo.
Che è stata creduta, nelle sue piccole risorse in via di sviluppo. Alla quale sono stati affidati gli stessi compiti degli altri bambini. Che si è integrata nel gruppo classe, che ha potuto dire di se, attraverso disegni che si sono evoluti, e tracce che hanno parlato di autonomie acquisite.
Ogni maestra che l’ha accompagnata ha lasciato una piccola traccia in lei, leggera o profonda che fosse.
E sono sicura che anche per loro una traccia di Emma sia rimasta.

Perchè quando ti prendi cura di un bambino con difficoltà, e fai tuo il significato di educare, che vuol dire “tirare fuori, e non mettere dentro” puoi comprendere che è un dare e avere continuo, uno scambio di inter-relazioni che non possono non trasformare reciprocamente.
Emma… così fragile e decisa al tempo stesso, così trasparente… un meraviglioso piccolo involucro che contiene un mondo. E non tutti sono disposti ad andare oltre a quell’involucro.

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E poi ho visto lei… Carmen.
La Maestra che ha lasciato una grande impronta anche nel mio Tommaso.
Il suo sorriso, il suo tocco gentile, la sua trasparenza, il suo rispettoso stile educativo.
Carmen ha il dono di mostrarsi per quello che è, senza artefizi, e con una sana voglia di evolvere in continuazione.
Emma l’ ha scelta da subito, parlando di lei, disegnandola, cercandola come punto di riferiemento, e nelle parole di mia figlia sento quanto anche Carmen abbia fatto entrare Emma in sè.
L’abbraccio stretto, silenzioso, vibrante che ci siamo date per salutarci… ne è la prova.
Grazie di cuore, col cuore.
Un cuore che oggi è commosso e sofferente.

Se non imparo nel modo in cui tu insegni, insegnami nel modo in cui imparo.
(Anonimo)