Riflessioni, mi sa pure un po’ confuse, del lunedì…

In questi giorni conoscerò una piccola nuova arrivata, anche lei nata con un cromosoma 21 in più.
Mi metto sempre nei panni di quelle madri alle quali viene comunicata una diagnosi simile… chissà quale immaginario hanno dentro di sé relativamente alla trisomia 21.
Bambini poco carini, poco tonici, poco svegli, poco prestanti, incapaci di crescere, bisognosi di cure costanti…
bambini di serie B.
So bene quanta differenza passi tra il bambino sognato, sui cui si è fantasticato in gravidanza, sul quale si sono tessuti progetti e aspettative, il cui viso si è immaginato somigliante a noi o al papà… e il bambino reale, che partorisci nel dolore, non cresce secondo tabella, non segue gli orari che tu vorresti prestabiliti per le pappe e per la nanna, non ti permette di avere la stessa libertà di prima, ti sconvolge ormonalmente tanto, a volte, da non accettarlo.
Questo divario tra figlio sognato e figlio reale, secondo il mio pensiero, accade per ogni figlio.
Nessuno escluso.
Perchè in un qualsiasi periodo della loro crescita, che sia la loro nascita, i primi anni dell’infanzia, l’adolescenza, l’età adulta, qualcosa capiterà.
Quel qualcosa che ci farà dire “ecco… questo proprio non me lo aspettavo”, indipendentemente dalla sua entità, piccola o grande che possa essere.
E ci farà sentire incapaci di reagire nel modo giusto, a volte impotenti.

La mia bambina con sindrome di down
Quel qualcosa che richiamerà spesso il nostro pensiero, che ci bloccherà la bocca dello stomaco, non ci farà dormire sonni tranquilli, ci farà scegliere di intraprendere un percorso terapeutico.
Il bambino reale non esiste, o meglio, non esiste come ce lo siamo delineati nella nostra mente.
Perciò… chi va considerato bambino di serie B?
Sta a noi decidere innanzitutto, ma so bene che non è cosa facile, perchè troppo spesso l’ambiente attorno a noi, non è favorevole, accogliente, stimolante per i bambini con difficoltà.
Viviamo in un mondo dove la prestazione è obbligatoria, dove ai bambini non viene più concesso semplicemente di giocare, o imparare muovendosi.
Appena nascono c’è subito un tavolino di attività, una corsa a riempire e riempire il tempo che hanno a disposizione.
E una volta a scuola, arrivano le fotocopie da colorare seguendo il bordo nero, esposte poi secondo una mostra quotidiana di opere una accanto all’altra, affinchè tutti i genitori possano giudicare la prodezza del proprio figlio, o l’inattitudine di quello altrui.
E più avanti, devono imparare, stando fermi, memorizzando, velocizzandosi, sentendosi dire di continuo che la classe “è composta da elementi che hanno diverse velocità di apprendimento”.
E allora partono i progetti personalizzati, gli insegnanti di sostegno, che a volte sono davvero motivati e motivanti, ma altre volte sottostimano, penalizzano, assecondano comportamenti sbagliati “tanto…lui, lei è così
E’ un continuo guardare la persona in base a ciò che non sa fare.
Se scriviamo “sindrome di…” su google esce una lista infinita di proposte.
Aperger, down, touret, turner, rett, west, williams e molte altre.
Abbiamo modo di confrontare diagnosi, mappe cromosomiche, misure del cromosoma stesso.
Ma non sempre un ritardo cognitivo ha un nome, e non sempre le indagini prenatali ci preservano da qualche imprevisto.
Non mi escludo dalla lista di persone giudicanti, o a caccia di una risposta che potesse fermare il mio fiume in piena di domande, che mi creasse una sorta di griglia rassicurante entro la quale categorizzare i miei figli.
Ma in qualche modo posso usare il passato, mi sto evolvendo.
E ne ho avuto prova qualche giorno fa, durante l’osservazione di una seduta d’aiuto di psicomotricità.
Quei bambini, con le loro lampanti difficoltà e angosce, che avevano bloccato qualche mio compagno di corso perchè suscitanti pena, a me facevano crescere una grande sincera positiva emozione, che si traduceva con un’unica parola…

POSSIBILITA’

proprio perchè il mio occhio si sta allenando a cogliere ciò che un bambino sa fare, piuttosto di giudicare ciò che non sa fare.
La stessa emozione la vedevo nel volto della mia docente, entusiasta ma con tono, dell’anche più microscopica sfumatura in quel comportamento problematico.
Quindi… chi sono i bambini di serie B?
Tutti?
Nessuno?
Dipende dagli occhi di chi guarda?

(Mettete pausa alla playlist musicale a fondo pagina per ascoltare il video)

Non potevo non mettere questo video tra i consigliati del sito, anche se già inserito come post nella pagina Guardaconilcuore, perchè trovo che la frase “vedi la differenza con gli occhi dei bambini” faccia davvero riflettere.

Con la speranza che sempre meno persone vedano i nostri figli con pena…