Come possiamo aiutare i nostri bambini ad imparare a leggere?

Emma frequenta la prima elementare.
E’ in una classe numerosa, 21 piccoli elementi che però si amalgamano bene e si dimostrano incuriositi nell’apprendere. Si è ben inserita nella classe, ha il suo gruppo di amichette con le quali ha instaurato una sorta di appuntamento fisso il mercoledì pomeriggio, per poter andare a giocare a casa loro o per invitarle a casa sua. Nel paese in cui viviamo non esiste la scelta di un tempo modulare a scuola, esiste solo il tempo pieno: dalle ore 8 alle 16, fino al venerdì. Non nascondo che questo sistema mi ha molto interrogato: e se fosse troppo stanca? E se non riuscisse ad arrivare alle 16? Quale ulteriore attività potrebbe fare dopo un carico così importante di lavoro quotidiano?

Ebbene, come spesso capita, è stata proprio Emma a darmi la risposta, dimostrandosi entusiasta nell’andare in classe, ampliando sempre più i suoi racconti, che ora non si limitano più a cosa ha mangiato in mensa e a quali giochi l’hanno divertita durante la ricreazione, bensì a quale lettera ha imparato oggi, o se qualche bambino ha fatto qualcosa di “notevole” in classe. Ha due appuntamenti fissi settimanali, la psicomotricità, fatta a mezz’ora di distanza da noi, (e mai si addormenta in macchina… beh, quasi mai!) e la ginnastica artistica, e li riesce a portare avanti con continuità, senza dire “oggi non ho voglia”, anzi, sposta con entusiasmo sul nostro calendario del tempo le foto con la programmazione di queste attività.

C’è da dire un’altra cosa… Emma è fortunata. Fin dalla scuola dell’infanzia ha sempre avuto a che fare con educatrici positive e propositive, dotate di una notevole capacità empatica, caratteristica per me fondamentale per portare avanti un lavoro di crescita con il bambino, qualsiasi bambino.

In prima elementare Emma ha 3 figure di riferimento specifiche, due insegnanti di sostegno e la stessa educatrice che aveva in asilo. Maestra M. è la figura “strutturata”, poi ci sono B. e S. e so che si interfacciano di continuo per portare avanti un progetto che abbia Emma al centro, e non le varie linee guida imposte e non calate su quel preciso bambino.

A tal proposito hanno preso in considerazione una variante del metodo sillabico, strutturato da un insegnate di scuola primaria, Manuela Duca, che ha creato un percorso grafico/visivo per imparare le sillabe secondo una certa sequenza, legandole tra loro grazie ad una storia a puntate, durante la quale i protagonisti fanno buffi incontri. Ogni incontro sottolinea una particolare consonante e le relative sillabe.
Ho provato ad informarvi meglio su chi fosse questa Maestra, ma poco ho trovato sul suo blog, manueladuca.blogspot.it, ho trovato invece una gran quantità materiale da visionare. I video sono molti, consiglia l’acquisto del suo libro e lo fa accompagnandolo da pensieri sensati:

CONSIGLI PER I GENITORI CHE UTILIZZANO IL LIBRO FACILE FACILE
Se il bambino ha già frequentato, o sta frequentando, la prima primaria
“Dopo aver letto la guida cerchi di creare un momento speciale tra lei e suo figlio: lo prenda con sé nel lettone o nel divano e legga per lui la prima storia. Poi la ripeta e fino a che il bambino non ricorda tutti i nomi dei personaggi e riesce a ripetere la storia nella giusta sequenza aiutandosi con i disegni. Ripeta i suoni, lo faccia disegnare o colorare se vuole. Appenda i personaggi che troverà nel cd in cameretta e insieme cantate le sue sillabe. Non influirà nel metodo scolastico, quello è un vostro gioco. Inoltre non lo faccia scrivere, lo fa abbastanza a scuola. Il bambino deve, con calma, leggere con lei le paroline della consonante fatta. Solo a quel punto si va avanti con la storia. Crei le sillabe con il cartoncino e giochi al memory o fate una gara a leggere veloce. Metta in una scatola tutte le parole che sa leggere ed ogni giorno conti con il cronometro quanto tempo impiega a leggerle tutte. Insomma si diverta.
Si ricordi che l’ansia blocca qualsiasi apprendimento.”

Emma oramai sa a memoria le due piccole sequenze riferite alla lettere M ed R, e quando cerco di proporle la storia accetta di buon grado, imitando la modulazione di pronuncia che la Maestra accentua nella narrazione.
Che sia il metodo adatto per lei?
Non lo so.
Ma ho una gran fiducia negli insegnanti di Emma.
Sono convinta che questo può essere un gancio necessario per farle vivere il piacere dello stare in classe: fuori dalla classe, nella stanza del computer mi sono (anzi, lo sto ancora facendo) costruita le mie piccole risorse per imparare, ora posso allungare i miei tempi di attenzione e chiedere un po’ meno la mediazione dell’adulto, gestendo meglio il vociare degli altri, le consegne comprese solo in parte, e capire che anch’io sto progredendo.

Qualche tempo fa ho fatto questo video nel quale gioco con le sillabe trattate, e si nota la grande difficoltà di Emma di comprendere cosa c’è scritto, difficoltà che si accentua quando la consegna di ciò che deve leggere cambia.

Si nota anche il tono della mia voce, che non è giocoso e sereno, e soprattutto non è rispettoso dei tempi di apprendimento mia figlia.
Fortuna che ad aiutarci, per i prossimi momenti di gioco apprendimento, ci sono:
Viola, che con la sua dolcezza e modalità affine ad Emma, semplicemente GIOCA con tutto il corpo;
Emma che non demorde e prova e riprova (la caparbietà è una sua preziosa caratteristica!);
io, mamma in ascolto, che ha sviluppato nel tempo una grande capacità di insight , e se i sensi di colpa galoppano, chiede aiuto;
l’aver conosciuto la professoressa Lucangeli e il suo pensiero sull’apprendere con le emozioni (ma questo è un altro post!)
un potente aforisma che da quando lavoro con i bambini scandisce le mie giornate, quasi fosse un mantra:

Dopo aver fatto sempre la stessa cosa nello stesso modo per due anni, inizia a guardarla con attenzione. Dopo cinque anni, guardala con sospetto. E dopo dieci anni, gettala via e ricomincia di nuovo tutto.
(Alfred Edward Perlman)