Questa notte mi sono svegliata, non ricordo quale fosse il sogno appena fatto,  so solo che, avvolta dal calore del piumino, in ascolto del silenzio che questa casa porta dentro e fuori, ho lasciato vagare i pensieri, concatenati tra loro o totalmente slegati.
E ho pensato a te.
Vorrei dirti di fermarti a guardare il suo ora, il suo mostrarti a te per quello che è, un bambino, che cresce dentro, con la sua condizione genetica speciale appena scoperta, o il suo quasi venire al mondo con addosso il tuo bagaglio di dubbi e incertezze.
Vorrei dirti che andrà tutto bene, che non avrà complicazioni, che non ci saranno altre patologie legate alla sindrome di Down, che sarai accolta dagli operatori ospedalieri nel migliore dei modi, sentendoti dipingere il futuro del tuo bambino come pieno di risorse e possibilità.
Vorrei dirti che non ti importerà se il suo sviluppo non sarà lo stesso di un bambino nato con 46 cromosomi, infischiandotene delle tabelle di crescita secondo le quali starà seduto a 6 mesi, camminerà a 12, ti parlerà in maniera comprensibile da subito.
Vorrei dirti che i pensieri si fermeranno, sì, quel fiume in piena di pensieri, focalizzandoti solo e soltanto su ciò che è bene per il tuo bambino. Non galopperanno più all’infinito, non andranno più distante milioni di chilometri, o meglio, di anni, stringendoti il cuore per i dubbi su ciò che sarà il suo futuro di adolescente, e poi di adulto.
Vorrei dirti che avrà bisogno di poche terapie, che avrà tutte le ore di sostegno che gli spettano, che incontrerà insegnanti aperti all‘interazione, che è trasformazione reciproca, che non si dimostrerà oppositivo e che avrà tanti amichetti che quasi faranno a gara per andare a giocare con lui il pomeriggio.
Ma non posso.
Ogni bambino è diverso.
Ogni famiglia è differente.
Ogni sentito è unico.
Ogni giorno è a se.
Solo e soltanto tu vivi le tue emozioni, solo e soltanto tu hai personali priorità più importanti delle altre, solo e soltanto tu proproni il tuo personale specchio nel quale il tuo bambino si può riflettere.
Rispetto.
Ci vorrebbe tanto rispetto per la vita altrui, per le scelte altrui, e molto spesso questo rispetto manca, annullato dalla supponenza di saperne più degli altri, dall’abitudine di far fare agli altri ciò che abbiamo fatto noi, credendo che ogni schema educativo proposto vada bene per ogni bambino, che ogni consiglio datoci calzi alla perfezione su chi abbiamo di fronte.
Vorrei dirti che le tue scelte saranno quelle giuste.
Ma come posso?
Non è forse vero che ogni nostra scelta è spesso messa continuamente in discussione, specie se si tratta dei nostri figli, di qualsiasi figlio?
Ma una cosa posso dirti.
Parla, apriti, urla ciò che hai dentro, attorniati da persone positive che ti possano capire, che vivano la tua stessa situazione, e che possano a loro volta tratte spunto dalle tue scelte, perchè tu vali.
Chiedi aiuto a professionisti competenti perchè è bene abbattere anche lo stereotipo legato all’aiuto che un terapista può dare: se andiamo da uno specialista per un dolore del corpo, perchè non dovremmo andare da uno specialista per un dolore dell’anima?
E quando quel dolore sarà meno intenso, quando quella smania di fare e fare per aggiustare tuo figlio (quando in realtà è per aggiustare noi stessi) si sarà in qualche modo sedata… vedi.
Vedilo, nella sua totalità, nella sua armonia disarmonica che parla del suo universo, perditi nei suoi meravigliosi occhi, ascolta i suoi silenzi, rispetta i suoi tempi, ferma l’agire della tua mano che vorrebbe fare al posto suo, cura le ferite della tua delusione per ciò che ti aspetti e ancora non avviene.
Vorrei dirti questo.
Ma lo sto ripetendo anche a me, pensando ai miei figli, ad entrambi i miei figli.
Che il mio pensiero ti arrivi, ovunque tu sia, qualsiasi sia il tuo presente.
Io ti vedo.