Scena al negozio di detersivi, mentre Emma sistema, o meglio, mette in un disordine ordinato, le saponette.
Io le parlo, le chiedo quale secondo lei è il bagnoschiuma migliore (lo soooo, non si dovrebbero aprire le confezioni, ma vuoi mettere che attività sensoriale?), qual’è la schiuma da barba del papà, quale lo spazzolino migliore per i denti in crescita guardando i numerini che ci sono scritti sopra.
Io non è che urlo quando parlo, ma nemmeno mi esprimo sottovoce, perciò poco dopo mi accorgo di una signora in zona kleenex che ci osserva sorridendo.
Io rispondo al suo sorriso e, guarda caso, mi dirigo verso la zona cotton fioc, attaccata a quella kleenex… posso perdermi un occasione simile?

Signora: scusi sa, non è che la volevo fissare, ma eravate così belle da sentire!
Come si chiama la bambina?
Emma: Emma!
Signora: Oh… cara! E quanti anni ha?
Emma: 5… Quasi 5!
Signora: Hai ragione Emma, questa vecchia signora ha fatto le domande alla tua mamma, ma tu sai rispondere benissimo da sola! Brava!
Io: Eh… si impara sempre, vero?
Signora: Sì, ha ragione, si impara sempre, e di sicuro il suo sorriso amplifica questo insegnamento! Lo stesso sincero sorriso che ha regalato a sua figlia, un sorriso che parla… vero Emma?
Ma lei è già tornata dalle saponette!
La signora è un ex insegnante in pensione, mi parla della sua esperienza con i bambini con difficoltà e di quanto sia difficile far passare il messaggio “io credo in te” a molti colleghi, di quanto troppo spesso un bambino venga sottostimato e agito.
Signora: “Il messaggio positivo deve partire dai genitori, devono accettare per poter crescere e far crescere, e sarebbe bello avessero il giusto approccio con chi fa loro domande, perchè molti ignorano la verità, le possibilità… anche i bambini in classe, a volte non hanno bisogno di tante spiegazioni!
Il suo sorriso mi ha fatto capire che con lei… potevo chiedere!”

Fantastica ex prof, ti avrei abbracciato stretto stretto, urlando che quello era anche il mio sentire!
Tornando a casa ho pensato al corso del dott. Lagati, perchè mi ricordavo un suo capitolo che parlava proprio di questo. Leggere le sue parole è stato una riconferma che il messaggio positivo dato con modalità positive … Illumina!
Buon fine settimana!

Con il consenso del dott. Lagati riporto parte del suo Corso (cap. 4 – pag. 34-36):

“Siete voi genitori a dare l’impronta educativa per il vostro bambino. Se voi avete accettato il vostro bambino vi sentite a vostro agio nel parlare della sua condizione anche gli altri si sentiranno a loro agio nel farvi delle domande. La maggior parte delle persone pone delle domande, anche le meno opportune, con la migliore delle intenzioni. Ricordatevelo, quando vi trovate a dover rispondere.
Molte persone sanno poco sulla sindrome di Down. Domande e sguardi interrogativi, vi danno l’opportunità di educare la gente su cosa vuol dire avere unb ambino con la sindrome di Down.
Date delle spiegazioni semplici e pratiche. Potreste dire che il vostro bambino avendo la sindrome di Down, ha difficoltà di apprendimento. Potete aggiungere che voi, aiutati da professionisti specializzati, state lavorando per sviluppare le abilità del vostro bambino.
La maggior parte delle persone non ha bisogno di sapere altro.
Queste semplici informazioni però sono indispensabili per far sì che anche gli altri capiscano e si rivolgano al vostro bambino per comunicare anche con lui.
L’accettazione del vostro bambino da parte dei suoi coetanei dipenderà in gran parte dal tipo di educazione che il bambino avrà.
Aiutatelo a sviluppare le qualità che lo renderanno accettabile da parte degli altri bambini: rispetto degli altri, socievolezza e capacità di comunicare.
Se i bambini fanno domande, spiegate anche a loro in che cosa consiste la condizione del vostro bambino. Siate concisi e concreti. Dite che il vostro bambino ha qualche difficoltà, perciò deve essere aiutato.
Spiegate che per il resto devono trattarlo normalmente.
Osservate il tipo di giochi che fanno i bambini che abitano vicino a voi e insegnate al vostro bambino le regole di questi giochi, quando ovviamente ha l’età adatta.
Fate che la vostra casa e il vostro cortile siano accoglienti per i bambini del vicinato. Incoraggiateli a venire a giocare col vostro bambino.
Adesso che è piccolo, uno o due amici sono più che sufficienti. Ciò vale per la maggior parte dei bambini.
Oltre alle domande e alle reazioni delle altre persone, circa la condizione del vostro bambino, voi stessi potreste volerne sapere di più. Inoltre il fatto che la gente vi chieda qualcosa o che i bambini indichino a dito il vostro bambino, può rendervi ansiosi.

Prendete coscienza di questi sentimenti e ricordatevi che la vostra accettazione del bambino aiuterà anche gli altri ad accettarlo.”