Portiamo Emma alla visita dell’udito. Alla prima visita fatta il timpanogramma era risultato piatto, forse a causa del catarro, ma soprattutto perché questo è un problema comune per i bambini con sindrome di Down. Il reparto è quello dell’otorinolaringoiatra, la sala d’attesa è piccola ma colorata, con tanti giochi per intrattenere i bambini che aspettano. Arriva Luisa, il tecnico, che mi spiega in cosa consiste l’esame dell’ABR che stiamo per fare ad Emma. Capito, più o meno. La tengo dormiente in braccio mentre le mette degli elettrodi su fronte e dietro alle sue minuscole orecchie. Povera… ciò che provo è davvero apprensione e pena per questa piccola tortura.
Risulta sentire i rumori forti, ma non quelli deboli, quindi dobbiamo ripetere il test più avanti.

Conosciamo Paola, il tecnico coordinatore, un’incredibile donna solare e di una positività disarmante! Paola prende tra le sue braccia Emma, e la porta nell’altra stanza, presentandola come la “strafiga”, sbaciucchiandola di continuo.
Io sono un po’ perplessa, non per lo sbaciucchiare, ma per il complimento. Emmina non è proprio una bellezza! Allora Paola ci racconta del suo percorso, all’Ospedale Burlo di Trieste, dei tanti master fatti, e di come questi bambini ci stupiscono mostrandoci le loro potenzialità, se noi li educhiamo e seguiamo nel modo giusto.

Paola, dopo una sua giornata lavorativa di 10 ore, ci organizza un incontro con una famiglia, la cui bambina è davvero un bell’esempio di bambina con la sindrome di Down.
Alexa è una bambina molto dolce, tutta carina nella sua gonna in jeans e calzette. Quando arriviamo sta dormendo sul lettino della sala di audiologia. Sento il suo respiro, pesante per il catarro, e penso che anche Emma è così…
Quando si sveglia guarda i suoi genitori con gli occhi dolci dolci, assonnata, forse chiedendosi cosa sta facendo lì in quel momento: non è il suo giorno di terapia!
Paola allora, forse per darmi una dimostrazione pratica di come è bene togliere i pregiudizi su questi bambini, inizia a farle delle domande, a cui lei risponde sì o no, le chiede di aprire porte e di prendere cose dall’armadio. La interroga, la incita, la fa ridere, e ad ogni suo successo le fa un complimento, in maniera molto ironica e divertente.
Io le ho portato un album di adesivi degli animali, e dopo averle mostrato il gioco che si può fare al suo interno, lei mi sposta la mano e inizia a fare da sola. Senza sbagliare!
Poi, quasi avessimo finito la dimostrazione di “competenza Downina”, Paola ci fa sedere a parlare, ed iniziano a venire fuori le domande sul

come avete vissuto la notizia?
avete altri figli?
come vi comportate con lei?

e quella donna mi risponde con calma, quasi volesse dirmi “tranquilla, ci sono passata anch’io, poi si migliora!”.
Mi dice che gli occhi della diversità non li nota nemmeno più. È bella e basta…

Guardo suo marito, chiedendo una muta domanda, e lui mi risponde

“Alexa è semplicemente la mia bambina”.

Usciamo da quell’incontro felici, distesi, pervasi da quell’aura di buoni propositi che ti fa fremere, quasi saltare dalla gioia.

Abbiamo fatto un primo passo.
Verso Emma e la sua accettazione.

Verso la nostra bambina.