3 ore e mezza di viaggio mi separano dalle persone che incontrerò oggi. Mi sento un po’ sopraffatta dagli eventi di questi ultimi giorni, ma sento, anzi so, che chi incontrerò oggi si merita il mio meglio.
Mentre guido chiedo ai miei figli se posso estraniarmi un momento, ascoltando la musica dalle cuffie. Ne ho bisogno, perchè so che si meritano una mia totale centratura. Ho la canzone giusta per farlo.
Per questo, mie piccole 14 anime che con me avete vibrato sabato pomeriggio, scegliete la canzone Departures (Chasing Dreams) della playlist a fondo pagina, e poi iniziate a leggere.
Ci siete..? Sentite il battito in sottofondo?
Ecco.
Pulsiamo assieme ancora una volta.

Entro in punta di piedi in quel cerchio, composto da tante persone differenti, con storie differenti, con spinte differenti ad essere presenti oggi. Assaporo quel primo prezioso momento, dove tutti gli sguardi parlano in silenzio, si rivolgono a me e al contempo sfuggono: sguardi incuriositi, sguardi distanti, sguardi imbarazzati, sguardi carichi di affetto.
Parole grandi già dal presentare chi ognuno è, nel solo tempo di un fiammifero che brucia.
Parlano di aspettative, di strategie per meglio aiutare ad essere chi sta loro vicino.
Sorrido.
Sorrido sempre con affetto a queste parole, perchè pochi si aspettano di sentire nel corpo, in maniera un po’ meno superficiale, o immediatamente profonda, ciò che un esperienza può innescare. Ed è solo sentendo, che si può arrivare al trasformarsi. Il gioco infatti, anche un volta terminato, non esaurisce il suo effetto. Grazie all’azione sviluppa una memoria corporea che da sicurezza e fiducia, e può essere riproposta nell’affrontare la vita.
I primi giochi, leggeri, autoironici, buffi, liberatori fanno uscire le prime risate e rilassano le posture più contratte.
Quanto bisogno abbiamo di ridere?
Di ridere di noi? Di “calare dall’alto sui macigni del cuore, ma non per leggerezza (cit. Italo Calvino)“. Le risate, proprio come le lacrime, liberano emozioni, emozioni che hanno una sede e cercano una via per uscire, per svuotare un dentro che spesso è troppo pieno.

Il gruppo permette tutto questo: trasforma gli ostacoli in risorse, grazie alla leggerezza, all’accoglienza, alla meraviglia, suscita un sentimento di possibilità. E’ una sorta di microcosmo che rappresenta il genere umano, pregi e difetti di un’altra persona ci appartengono almeno in parte e ci arricchiscono. Tutti gli elementi sono in costante relazione e il mutamento di una parte comporta uno squilibrio della totalità e una ricerca di un nuovo equilibrio.

Ma in voi scorgo qualcosa di inaspettato, quanto meno in un tempo così breve, ossia una reale voglia di contattare quella parte profonda che si tende a celare più a lungo per paura di mostrarla, o per paura di sentirsi giudicati.
Vi permettete di farvi leggere dall’Altro in maniera diretta e spontanea, senza che ci sia un modo giusto o sbagliato, liberamente. Raccontate di sentirvi quasi fluttuare, leggeri, senza pensieri e senza il chiacchierio mentale che solitamente accompagna il silenzio. Le vostre mani parlano, i vostri occhi sono colmi di emozioni colorate. Movimenti lenti, pieni, non avete fretta di arrivare, siete lì per voi e per l’Altro al tempo stesso. Vi scegliete e confidate, in un fiume di parole che è quasi difficile arrestare, vi protendete, accarezzate, stringete, immedesimate, curate.

Siete poesia indelebile nei miei occhi.

Il dono dei vostri pensieri scritti mi spinge a continuare questo meraviglioso viaggio che grazie ad Emma, la mia bambina con sindrome di Down, ho intrapreso.
Pensieri che diventano azioni, per portare al cambiamento.

Daniela. Ciao.
Ti racconto questi due giorni così.
Comincio l’abbraccio con il mio stile: lato destro, così la mano più agile può aver gioco libero tra i tuoi capelli e intanto tenerti verso me.
Chiudo gli occhi, ti racconto, un po’ sussurrando, che… abbiamo fatto un buon lavoro o forse un buon gioco (non capisco la differenza questa sera). Tu hai fatto un buon lavoro e hai visto frutti. Dettavi le regole e ci osservavi, nel muoverci, nel cambiare, nell’emozionarci, nel sorridere e lacrimare. Sì, eccoci qui ad assistere ad un’altra occasione che la vita ci regala in cui vedo quelle gocce salate che negli occhi non ci stanno più e devono andare altrove, a scolorire un trucco, magari trascinandosi dietro anche qualche nuance del contorno occhi. E sabato pomeriggio è stato bello non avere troppi fazzoletti da offrire, ma poter avere sul dorso delle mie mani quelle gocce. Erano gocce di vissuto, tanto raccontavano di sofferenze vissute e insopibili, o di emozioni gioiose, risvegliate da un tocco, da un suono, un profumo che dai sensi riporta il respiro all’anima profonda.
Poi C. e L.  hanno fatto un buon lavoro e han visto frutti. Quanto si sono allenati in questi mesi per portarci la fiaccola in casa nostra per accendere queste olimpiadi delle cose straordinariamente ordinarie? Loro, come altri, han dovuto partire da lontano, valicare scelte, attendersi, trascinare e farsi trasportare dalle persone che man mano Ilaria ha fatto incontrare loro. E poi ci sono tutte le persone che hanno chiamato qua e hanno scelto di dedicarci questo week-end. Tutti, tutti speciali. Certo è facile dirlo, trasportati ancora dalla certezza di aver toccato punti profondi del cuore. Ma abbiamo visto coi nostri occhi e questo posso raccontare: qualcuno era speciale, come dite voi, perché trisomico, va bene, ma allora ammetti che qualcuno aveva la sindrome della delicatezza nel raccontarsi, qualcun altro la sindrome della serenità, qualcun altro la sindrome del sentirsi leggero, qualcun’altra la sindrome di piangere già quasi prima che le dessi la mano, che forse è la stessa sindrome del cuore grande, qualcun altro la sindrome di un cuore dolce (maschio pure, una rarità), qualcun altro, che i tempi passati lo avevano etichettato come “grezzo”, con la sindrome del custode di diamanti, qualcun’altra con la sindrome degli occhi azzurri come la bellezza, qualcun’altra con la sindrome del “dejà-vu” quando magari è solo perché il cuore “sente” allo stesso modo di altri e in quel momento allora non ti ho conosciuto, ma ri-conosciuto.
Che bello, Daniela, come in tanti posti che frequentiamo io e C., nessuno ha la sindrome del “normale”, tutti spiccatamente, extraterrestri umani.
Un attimo di abbraccio forte ancora, poi lascio andar via le mani dai tuoi capelli, arrivo alle mani, ti allontano, ma lo sguardo, fisso anche da lontano sul tuo per dirti… il mio grazie.
E.

Avete davvero dei super poteri, arrivate dritto dentro al cuore e grazie di averli condivisi con me, perfetta sconosciuta, arrivata all’improvviso.
Ho davvero tanto da imparare. Ma con voi è stato tutto così emozionante e naturale che sentirsi accolti è stato un attimo. Mi avete arricchito tantissimo e questa esperienza la porterò sempre dentro di me!
Dani. Per me sei calamita. Calamita delle emozioni. Quelle vere. Quelle forti. Quelle che ti fanno ricentrare con l’universo.
E.

Ognuno di noi ha avuto il coraggio di mostrarsi all’altro , ognuno ha abbandonato la propria corazza o armatura, e tutti ci siamo regalati un pezzo di noi: uno sguardo, un tocco, un pensiero, un’emozione, un ricordo, un pezzo del proprio zaino (pesante e scomodo), un po’ di coraggio.
Ci siamo fatti guidare dal cuore, dall’istinto (di ogni uomo a sentirsi veri!) e dalla positività della Dani.
Per me è stato un regalo di Natale: tempo di qualità, per me e mio marito (insieme) e positività!
Ringrazio tutti per questo dono.
V.

Io faccio sempre fatica a contenermi, potrei scrivere un libro. Ma tra tutte le cose che mi passano per la mente, ce n’è una che sgomita per farsi raccontare. Grazie per aver dato un senso molto profondo a questa esperienza. Vista da fuori solo una mamma superficiale o peggio avrebbe mollato la bimba in ospedale, pur se sotto controllo… Ma è stata proprio lei a chiedermi di buttarmi in questa cosa e sabato le ho chiesto il permesso di venire e lei ha fatto sì con la testa. Perché lei (lo dico spesso) mi ha portato in posti dove non sarei mai stata. A conoscere persone che non avrei mai incontrato. E sabato anche a re-incontrare persone del mio quotidiano in un posto diverso, con una luce diversa. Il vostro darvi completamente, il nostro mostrarci, l’assenza di giudizio, l’impegno a guardarsi negli occhi, a togliere nomi e etichette, a sentirsi, ad ascoltarsi. Tutto questo mi ha fatto sentire che non solo ne valeva la pena ma che sarebbe stato un errore farsi scoraggiare dagli imprevisti. Perché è solo quando ti metti in ascolto che puoi realmente sentire quello che gli altri hanno da dirti e da darti. E mi avete una volta di più aperto gli occhi. Grazie per aver condiviso un pezzo del vostro mondo con me.
C.

Sono in un freddo vagone della metropolitana, e sto sorridendo, mentre ripenso ai bellissimi momenti che mi avete regalato un questo weekend.
Grazie per avermi permesso di vivere e condividere quest’esperienza così vera, così profonda, così piena e così “Bella”. Custodiro’ nel mio cuore il ricordo delle tante lacrime di gioia che scorrevano sul mio viso. Di lacrime “tristi”, di paure e preoccupazioni, ne ho piante tante in passato (e ne piangero’ ancora) quando era per me il momento giusto (cioè solitamente appena nasce in me la paura), e condividendole con tante persone. Perché, per come sono fatta io, così sto meglio. Piangere mi aiuta ad elaborare la mia paura, a conoscerla… e ad averne sempre meno paura.
Quindi ora per me era sì il momento delle lacrime, ma di gioia, per la bellezza di tutto quello che mi avete regalato. Siete tutte persone meravigliose.
È incredibile pensare quello che tu Daniela ci hai permesso di creare in solo 4 ore, in un gruppo di persone che nemmeno si conoscevano.
Ecco, ora che sto anche piangendo in metro (ma pure a questo sono abituata) vi saluto, vi abbraccio fortissimo e vi dico, ancora, GRAZIE!
S.

È da sabato sera che sorrido e che sono ancora più felice di prima. Mi sento il cuore enorme e pieno, pieno di VOI!
Un’esperianza indimenticabile. Sabato sera pensavo a voi e mi sembrava di avervi già visto, poi ragionandoci sopra ho capito che non ci eravamo già visti, ma l’esperienza che avevamo vissuto mi aveva così unito a voi, cosi legato, mi aveva tolto qualsiasi filtro che mi è sembrato conoscervi da sempre.
Sarete sempre nel mio cuore.
V.

Sabato quando Daniela ci ha chiesto di dire una parola che potesse descrivere le nostre aspettative ho scelto “condivisione”. In realtà, è stato molto di più, è stato un susseguirsi di parole piene di significato, un’esplosione di emozioni, lacrime. Ognuno di noi ha donato un pezzettino del proprio cuore…. e tutto questo grazie alla forza di un gruppo spettacolare. GRAZIE dei vostri preziosi doni
G.

14 persone che saltano possono far vibrare i muri, ma 14 persone che bendate si incontrano e abbracciano in silenzio fanno vibrare il cuore.