Daniela è una maestra di sostegno che ho conosciuto via web un po’ di tempo fa. Di lei mi ha colpito la sua energia nel parlarmi della bimba che segue alla scuola d’infanzia dove lavora, e la voglia di essere sempre pronta ad apprendere qualcosa di nuovo, per indirizzare e sostentere.
Io ancora non ho a che fare con maestre di sostegno, la prima la conosceremo a settembre con l’ingresso alla Materna di Emma, ma leggendo questo racconto, il modo in cui Daniela parla di Valentina, spero davvero di trovare anch’io un’insegnante con la sua stessa voglia di crescere, di dare ma anche di ricevere.
Perchè chi fa il proprio lavoro con amore, trasmette emozioni…!

Vi siete mai chiesti portando i vostri bimbi a scuola: “E adesso, questa maestra come sarà?”
Io spesso mi chiedo come sarò… sono Daniela, ho 29 anni e sono una maestra di Sostegno… sì, una delle maestre che seguono i bambini speciali come Emma e tanti altri, con problematiche diverse.
Ebbene si, ci chiamano così… Maestre di Sostegno!!
Sostegno alla sezione che ha nel gruppo classe un bambino speciale.
Vi racconto un po’ (ma in breve…non temete!) la mia storia da maestra.
Sapevo già in terza media cosa avrei voluto fare da grande, ma ahimè, spinta da mio padre: “Devi fare un istituto tecnico…” ho frequentato il Tecnico Commerciale e infatti sono una ragioniera fallita… e meno male!!!
E così dopo la maturità toccava a me decidere, ed eccomi iscritta a “Scienze delle merendine” come diceva una mia amica…Scienze della Formazione Primaria in realtà!
Molta, tanta teoria e tanto da studiare ma con impegno e tanta, tanta passione la laurea è arrivata ed anche la Scuola di Specializzazione per insegnanti di Sostegno.
E adesso?
Bhe dopo la laurea ho provato a restare nella mia città del sud, Campobasso (Molise, lo scrivo giusto per informazione, so che sapete tutti dov’è!), ma non c’era possibilità di fare il lavoro che avevo scelto e così valigia pronta e via si va al Nord!
E dopo tre anni di lavoro qui al nord con bambini con varie problematiche (Autismo, Difficoltà motorie, ritardi mentali) ecco che a Settembre del 2012 incontro Valentina, una bambina di 5 anni con degli occhioni giganti e con la sindrome di Down.
All’inizio non mi vedeva di buon occhio… dovete sapere che purtroppo per leggi di precariato, di Provveditorati e Ministro Istruzione ogni anno noi insegnanti di sostegno cambiamo scuola, bambini e tutto il lavoro fatto resta lì, sperando di aver fatto del nostro meglio nel “nostro” anno scolastico per il “nostro” bambino.
Avevo già lavorato con un bambino con sindrome di Down, ma ogni bambino è diverso dall’altro.
E così per il primo mese sono stata lì ad osservare Valentina durante il giorno, dall’ingresso a scuola ed il saluto alla mamma, al momento del gioco, del pranzo, delle attività.
Insomma, la parte iniziale del nostro lavoro prima di iniziare ad “operare”, è l’osservazione dei bambini in tutte le situazioni per individuare dove hanno maggiori difficoltà e dove invece sono già autonomi.
E Valentina di autonomie ne ha tante ma aveva (e ne ha ancora) anche tanta, tanta, ma tanta voglia di prendere la porta e uscire dalla sezione… e lo faceva proprio nel momento in cui le insegnanti si distraevano un nano-secondo!
Eccola… scappava… ma è un fulmine credetemi! E scappava per andare in bagno fare un giro e tornare in sezione.
Ed ho capito dove bisognava lavorare prima di ogni cosa…eh si, perchè nella Scuola dell’Infanzia i bambini hanno come obiettivo primario quello di raggiungere le autonomie fisiche, di comunicazione, di relazione e non dobbiamo insegnare a leggere e scrivere, a quello ci penseranno alle elementari.
Dunque… tornando a noi… con la “fuggitrice” (la chiamavo così all’inizio) bisognava lavorare bene. Non vi nego che all’inizio dovevo per forza farmi sentire. Dopo averle spiegato che non doveva uscire senza chiedere il permesso e che tutti i suoi amici per andare in bagno lo chiedevano, doveva farlo anche lei.
Ora… dovete sapere che quando spiego delle cose a Vale mi inginocchio in modo da essere al suo livello e guardarla negli occhi, ma lei, quando sa che sta facendo (o ha fatto) delle cose che non deve fare, sapete cosa fa? Io le parlo e le tengo leggermente il viso per farmi guardare, ma lei, nonostante questo, alza gli occhi al cielo come per dire: “Parla, parla… che io continuo così!” E vi assicuro che è difficile non ridere in certe situazioni… molto difficile, ma mi trattengo e continuo sulla mia linea (poi rido da sola quando ci ripenso!).
Bhe dopo un mesetto di urla, di corse in bagno o lungo il corridoio, ce l’abbiamo fatta!!!
In brevi step vi spiego come ci siamo riuscite:
1. Vale nei momenti più opportuni prende la porta e scappa.
2. Con più attenzione, quando si avvicina alla porta, io “Vale devi andare in bagno?” e lei “Si” e va.
3. Vale si avvicina alla porta e mi chiama “Aela” ed io la faccio andare.
4. Valentina viene vicino dice “Pipì, pipì” e la mando in bagno.
Abbiamo impiegato ben due mesi per raggiungere questo traguardo ma vi assicuro che ne è valsa la pena, anche se con la perdita di un po’ di corde vocali!
Ho tante altre cose da raccontare della “mia” bambina speciale ma la scuola non è ancora finita… vi farò sapere!!!
Maestra Daniela