Ho conosciuto Francesca e Martina alla mia prima settimana estiva del dott. Lagati a Bibione, ed ero rimasta colpita dalla loro solarità, dal loro modo di interagire con il loro fratellino Giovanni, e con gli altri bambini presenti.
Quell’anno Emma aveva 18 mesi, Tommaso 4 anni, e non ero sicura della reazione di quest’ultimo allo stare per l’intera settimana a contatto con bambini speciali, affidato alle cure di sconosciuti Scout, mentre noi eravamo impegnati a conoscerci o a fare le terapie con Emma.
Ma come spesso accade i bambini ci stupiscono per la loro adattabilità, spazzano via in poco tempo tanti dei nostri dubbi, perchè evidentemente loro non si fanno le mille paranoie  che ci facciamo noi adulti.
E se guardate le foto di quel post, e i sorrisi tra questi bambini prima sconosciuti tra loro… si capisce che è proprio così.
Francesca e Martina, insieme ad Eleonora ed Emma, organizzavano lo spettacolo di fine settimana, il mercatino serale, i giochi da fare in attesa della cena, e il modo in cui parlavano di quelle settimane, di cosa dava loro essere a contatto con altri siblings, dei legami che si creavano, forti e duraturi.
Ricordo come guardavano ognuno di quei bambini speciali, con possibilità, non con limitazione.
Ricordo come volessero diventare medico, o psicologa, o pediatra.
Ho in mente un post sui siblings, quelli di casa mia, ma oggi godetevi le parole di queste ragazzine… intrinse di speranza, di voglia di accettazione, di semplicità e di tanto tanto amore. Ragazzine che non sarebbero quello che sono se i loro genitori non fossero stati dolci, fermi, premurosi, un po’ folli, sorridenti, propositivi, ma soprattutto un punto di riferimento dal quale prendere spunto per affrontare le prove che la vita ci mette di fronte.
Grazie Chiara per avermi concesso di pubblicare i loro temi, abbracciale strette strette da parte mia!

Il 10 gennaio, per una pura fatalità, le mie due figlie Martina (13 anni, terza media) e Francesca (10 anni, quinta elementare) hanno presentato ciascuna nella propria classe la disabilità del fratello Giovanni (6 anni e mezzo, Sindrome di Down). L’emozione era forte, soprattutto per Francesca che da molti mesi preparava la sua presentazione assieme ad una compagna con una sorellina con altra disabilità. Anche Martina era un po’ preoccupata, dovendo parlare a ragazzini decisamente vivaci e distratti… Invece, con grande sorpresa di tutti noi, le presentazioni sono andate davvero bene, hanno ricevuto un applauso caloroso sia per il tema affrontato che per Giovanni. E’ stata una bella esperienza, un impegno preso e portato a termine con entusiasmo…e soddisfazione! Riporto qui sotto i testi raccontati in classe. Erano arricchiti da tante fotografie di Giovanni…

Francesca – La disabilita’.

Buongiorno a tutti.
Vorremmo iniziare dicendo che la disabilita’ per noi sorelle non e’ un problema, ma una realta’ in cui viviamo tutti i giorni. Vogliamo bene ai nostri fratelli esattamente come voi ne volete ai vostri.
Per questo e’ importante che la disabilita’ non venga presa in giro ma compresa. Bisognerebbe accogliere chi la possiede ed aiutarlo a raggiungere dei traguiardi per poter avere una propria autonomia.
Chi pensa che la disabilita’ sia essere incapaci o sciocchi si sbaglia, perche’ le persone con disabilita’ sono esattamente come ognuno di noi e tutti, con i propri tempi, sanno imparare ed apprendere, fino a diventare anche “secchioni”.
Inoltre, molte volte, i bambini con disabilita’ possiedono difficolta’ fisiche ed e’ importante starci assieme per capire come possono divertirsi e quali giochi sono piu’ adatti a loro. D’altra parte nessuno di noi e’ esattamente uguale agli altri e ci divertiamo tutti in modi diversi.
Vorremmo, per finire, dare a tutti un consiglio: se vedete una persona con disabilita’ e non sapete se e come avvicinarvi, fate prima qualche domanda ai fratelli o ai genitori. Spesso la paura o l’imbarazzo nascono dal non sapere cosa dire o cosa fare. Se invece riuscite a riconoscere il tipo di disabilita’ della persona potrete avvicinarvi piu’ volentieri e senza paura.
La sindrome di Down
La persona con la sindrome di Down e’ come una grande torta fatta con una ricetta un po’ diversa. Vi leggo la pag. 42 del libro “un fratellino diverso dagli altri” che parla proprio di questo:“la diversita’ di Toto, come ben sa mamma lepre, e’ dovuta alla trisomia, una specie di malattia che puo’ colpire ancora prima che nascano tutti gli esseri viventi, anche l’uomo. Una forma di trisomia e’ la sindrome di Down. I bambini che ne soffrono presentano difficolta’ di movimento, di comportamento e di linguaggio. Per quasto la famiglia, la scuola e gli amici li aiutano, con l’intervento di vari specialisti, a migliorare la loro vita di ogni giorno e ad inserirsi nella societa’”. Ho scelto questa pagina perche’ secondo me in poche righe spiega bene cosa e’ la sindrome di Down. sono d’accordo con tutto quello che e’ scritto in questa pagina, ma non vedo la sindrome di Down come una malattia. La vedo piu’ come una diversita’. Ci sono bambini con la sindrome di Down ed altri senza.
Vi presento mio fratello: Giovanni
Giovanni ha sei anni ed e’ biondo con gli occhi azzurri. Ama la coca cola, le patatine fritte e i film. Adora giocare a palla con me e con nostra sorella, ama il latte con il cacao e i biscotti, sta bene in mezzo alla gente ed e’ dolcissimo con i bambini piccoli. Devo anche dire che gli piacciono tanto le coccole, svegliarsi tardi la mattina ed andare a scuola. Ha tanti compagni che gli vogliono bene , ha imparato a vestirsi quasi completamente da solo, sa leggere tutte le vocale e molte sillabe, disegna delle facce bellissime che assomigliano a quelle di picasso, gioca con le macchinine e i camion. Sa anche non essere simpatico quando si arrabbia (poche volte) perche’ vuole un cartone animato o suonare la pianola da solo. Ama topolino e i teletubbies, giocare sulla spiaggia e colorare vari disegni. Mio fratello ha la sindrome di Down e vorrei che fosse invitato a giocare con gli altri bambini, che non fosse mai escluso perche’ troppo lento nel correre o perche’ non sa tirare calci potenti al pallone, vorrei che Giovanni e tutti i bambini con la sindrome di Down fossero trattati come bambini uguali agli altri.

Presentazione di Martina

Oggi ho chiesto un piccolo spazio alla professoressa per potervi parlare di un tema, secondo me, molto importante. Non è un tema di quelli fatti in classe, ma un argomento. La disabilità. Noi lo abbiamo affrontato con l’operatrice dello Spumaget e con Gaia, una donna di 23 anni, con la sindrome di Down. Ho scelto di riprendere questa tematica perché, come molti di voi sanno, io ho un fratellino di 6 anni con questa sindrome. Volevo spiegarvi brevemente di che cosa si tratta.
La sindrome di Down è una condizione genetica, detta trisomia 21, perché colpisce il 21° cromosoma di ogni cellula. Come ben sapete, noi abbiamo 46 cromosomi per cellula, invece, i bambini che nascono con la sindrome di Down ne hanno 47, perché al cromosoma 21 uno dei due si è sdoppiato, formandone un terzo. Questa piccolissima azione ha creato discriminazioni, a causa del lieve ritardo cognitivo e motorio che provoca negli individui colpiti. È da chiarire, però, il fatto che comunemente chiamiamo “malattia” una qualsiasi sindrome (ce ne sono vari tipi). Questo è un errore piuttosto rilevante, perché una malattia è ciò che si può curare, o che comunque può arrivare col tempo. Infatti anche una malattia della quale non si è ancora trovata la cura, potrebbe aver colpito il paziente anche da adulto o anziano. Al contrario, una qualsiasi sindrome, viene con la nascita e non se ne va più. Tutto ciò che si può fare è spingere l’individuo colpito al massimo delle sue potenzialità, per donargli una vita quasi “normale”.
Ora vi parlerò nello specifico di mio fratello: Giovanni. Giovanni è nato il 20 marzo 2006, alle 20:03. La sua sindrome spesso ha correlate tante altre malattie o problemi, che complicano la vita già non molto facile. Mio fratello è nato con un buco nel cuore e le valvole cardiache attaccate, perciò è stato trattenuto in ospedale per 10 giorni. Io non l’ho mai visto in quel periodo. Lui è nato e io l’ho visto solo dopo quei 10 giorni. Voi probabilmente penserete:” Che sarà mai! Dieci giorni …” Invece per me, che diventavo sorella maggiore per la seconda volta, non vederlo è stato bruttissimo. Mia madre poteva fargli visita 2 volte al giorno per 2 ore alla volta per allattarlo, figuriamoci se i fratelli potevano entrare. Prima che tornasse a casa, Giovanni è sempre stato dentro un’incubatrice. I medici dicevano che non sarebbe sopravvissuto. Quei 10 giorni erano, forse, la mia unica possibilità di vederlo. Poi le cose sono migliorate e, all’età di 2 mesi, è stato operato al cuore, con ottimi risultati. È sempre rimasto sotto numerosi controlli medici, anche per il suo ipotiroidismo, cioè una disfunzione della tiroide, per la quale prendeva un farmaco.
Il fatto della sindrome lo ha spesso sentito. Un esempio è stato quando, all’asilo nido, lui e i suoi compagni hanno fatto un percorso. Lo hanno superato tutti bene, però, alla fine, c’era un ostacolo che gli altri bimbi hanno scavalcato come niente, ma lui non ci è riuscito. Ci si è seduto davanti ed ha iniziato a piangere. La mia mamma dice che in quel momento ha dimostrato a tutti di essere consapevole delle sue difficoltà, ma anche delle sue conquiste, perché alla fine ha passato il cubo e ha gioito.
Io gli voglio bene e lui ne vuole me e a tutta la famiglia. Gli piacciono le coccole, le patatine fritte, la coca-cola, il gelato, le macchinine, le torce elettriche, il film “Shrek 2” e tante altre cose. Io con lui gioco a palla, ballo, guardo la tv e da 2 anni andiamo anche assieme ad equitazione. Ci piace molto questo sport e lui ha il suo cavallino. Non è proprio suo, ma lui usa sempre quello. La pony si chiama Gisella. Ma Giovanni non è solo un buon fratellino, calmo e che cerca sempre coccole. Molto spesso, anzi, si arrabbia e fa il diavoletto. Fa dispetti, sputa e da sberle. Quando, però, è papà ad arrabbiarsi per un suo pasticcio, ci resta male e non riesce nemmeno a piangere. Appena papà lo perdona, lui piange, si calma e torna felice come prima.
Come avete potuto notare lui fa quasi tutto come le persone, così dette, “normali”. Ha una forte difficoltà nel parlare, infatti spesso non riusciamo a capirlo nemmeno noi, che viviamo con lui ogni giorno. Questo a lui pesa molto e non si sente bene quando ci deve spiegare ogni parola. Non gli piace scrivere e nemmeno leggere, preferisce giocare. È un po’ ostacolato anche dal punto di vista motorio. Si affatica molto, ma ciò non gli impedisce di fare quello che vuole.
Ci sono dei tratti somatici tipici nei bimbi Down. Ad esempio i classici occhi a mandorla, le orecchie piccole, la statura bassa, un po’ paffuti … Mio fratello è proprio così.
Io gli voglio bene per quello che è. Nel passato ci ha fatto passare dei momenti d’ansia per i suoi problemi respiratori e avevamo paura per lui … Non potrei mai stare senza di lui … Come chiunque abbia fratelli non potrebbe fare a meno di loro …