“Ehhh… Lo so sono fortunata!”
Frase che quest’oggi ho sentito dire spesso dalla persona in questione.
Ma faccio un passo indietro.
Quando vado a fare la spesa al Bingo, supermercato della mia zona con solo prodotti di marca ma a prezzi più convenienti, giro e rigiro tra le corsie, munita di lista chilometrica, spesso dettata al cellulare.
Il supermercato è vasto, e capita spesso di re-incontrare i suoi clienti tra le corsie.
Oggi noto questa bella ragazza, abbronzatissima, un gran bel fisico, molto curata sia nel trucco che nell’abbigliamento.
Cerco di guardarla con la coda dell’occhio, giusto per non squadrarla troppo, ma incrocio il suo sguardo, e mentre lei continua a parlare, guardandomi di sfuggita, si passa la mano tra i capelli.
Cosa le servisse riassettarsi i capelli, o meglio, un caschetto sfilato super a postissimo, non lo so, so che l’immagine che mi è venuta alla mente è stata quella di un gatto ad un concorso di bellezza, coda alta e quasi sulla punta delle zampe… ma ho cacciato l’immagine poco cortese (seeeeee!) e mi sono fiondata sulle etichette del ripieno dei ravioli.
Sempre di sottecchi la osservo chiedendomi come diamine fa a mantenersi così in forma, di sicuro è molto più sportiva del mio unacorsettasultapiroulantalmese e tantomeno si concede tutti gli aperitivi con cicchetti che mi concedo io, ma accantonato questo pensiero, perchè io sono io proprio così, presto più attenzione al suo discorso, che inizia proprio con un
“Ehhh… Lo so sono fortunata!”
La sento raccontare che è stata al mare in Sardegna, che ha preso l’aereo perchè “in traghetto trovi di tutto” (mah…), lì ha noleggiato una Volvo cipeciaps per girare le varie località, è andata nelle spiaggie più esclusive, dove poteva spaparanzarsi al sole, con addosso la crema della Lancaster (perchè le altre sono solo robaccia).
Un giorno è stata punta sulla mano da un’enorme vespa, forse addirittura una vespa mandarina arrivata direttamente dalla Cina da tanto era grande, avrebbe potuto pure rischiare la vita, ma per fortuna, con un po’ di ghiaccio sulla mano, tutto è passato.
“Ehhh… Lo so sono fortunata!”
Le sento dire che la sua amica Anna, che avrebbe dovuto raggiungerla, è stata a casa perchè il figlio aveva la gastrointerite, cosa per lei assolutamente inconcepibile, perchè tanto “le toilette sono dappertutto” e rinunciare ad una vacanza in Sardegna proprio non si può fare.
Immagino che dall’altra parte del telefono ci sia un’altra donna, perchè è tutto un risolino e un “ma daiii!“, “noooo, non ci credo“, “ma si può?” scambio prettamente concesso solo tra noi esseri di sesso femminile.
Riparte dicendo che nell’Hotel dove alloggiava c’era un bellissimo e molto più giovane di lei bar tender castano, occhi profondi, di origine spagnola (no ma… e poi?), che ad ogni cocktail che lei chiedeva si esibiva in piroette da manuale con tumbler e shaker, e ammiccamenti vari solo a lei rivolti… (ahhh… ma allora te li concedi pure tu i cocktail!)
“Ehhh… Lo so, sono fortunata!”
“Mhm… vuoi sapere troppo!”
“Hi hi hi.. ah ah ah”

Ormai mi sono appassionata al racconto di densissima vita vacanziera di questa sconosciuta e, evitando di essere scambiata per una stalker, armeggio tra il banco verdura osservando il rosso più rosso delle mele o chinandomi a raccogliere un limone fantasma rotolato sotto al banco, e intanto tiro le orecchie.
“Ma chi… Andrea? Figurati… ha passato quasi tutto il tempo in barca con i suoi amici, a pescare non so che… un nervoso! Vabbè almeno ho potuto abbronzarmi e rilassarmi senza sentire i suoi discorsi vuoti… o meglio, i suoi silenzi! Sai che p…!”

“Aspetta… devo mettere giù, sta arrivando, figurati… manco sa leggere la lista della spesa che gli ho fatto e mi dovrà chiedere chissà quale s… Dai ci sentiamo più tardi!”
L’Andrea arriva, ha in mano una confezione di carica batterie per un telefono, forse vuole mostrarglielo, forse vuole regalarlo, forse vuole usarlo come ventaglio tra le corsie del Bingo, ma prima che possa proferire qualsiasi parola lei lo rimette al suo posto dicendo che non serve.
Gira i tacchi e se ne va.
Lui, di tutta risposta, (ma la risposta non la riporto), lo rimette nel carrello.
Lei, con bocca a fessura sibila:
“Eh già… sono proprio fortunata io!”
La guardo allontanarsi verso la cassa, con questa camminata furibonda, e mentre prendo in mano lo yogurt di soya…
penso.
Penso alle mie vacanze obbligatoriamente low cost.
Fatte utilizzando l’auto che consuma meno, conteggiando carburante, autostrada, pranzando in viaggio, limitando le uscite dispensiose.
Penso che i miei bambini non hanno mai preso un aereo, e chissà quando potremmo prenderlo insieme.

la mia famiglia

Penso agli Amici che ci hanno accolto, al nostro stare semplicemente insieme, al parlare e parlare e parlare, per conoscerci meglio, per condividere, per crescere.

amici

Penso agli sguardi dei nostri bambini, all’emozione che ogni loro piccolo gesto ci suscitava.

la sindrome di down

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la sindrome di down

Penso all’hotel dove abbiamo dormito, che in realtà era un curatissimo ostello, che ci ha permesso di conoscere un gestore del Circolo lì vicino, il signor Beppe, che ci ha coccolato con piatti casalinghi  e divertito con le sue storie, ha fatto ridere a crepapelle Tommaso con le sue battute colorite, ci ha donato un ricordo-arrivederci che sa di casa.

la mia bambina con sindrome di down

Penso alla famiglia. Al suo significato profondo, fatto di legami indissolubili, di ascolto, di accettazione, anche se i tempi sono diversi, le priorità distinte, le modalità cambiate, le parole a volte inadatte.

nonna e nipote

nonna e nipoti

nonna e nipoti

Penso agli sguardi sognanti di mio figlio mentre il nonno gli racconta storie del suo passato.

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Penso a quanto ci si sente piccoli ammirando la natura, e fortunati se si scorge qualcosa di inaspettato.

fiori del bosco

bambini e cannocchiale

Penso al fascino di certi posti che si visitano, spesso vicini a casa, alla bellezza nascosta nelle piccole cose, alle espressioni buffe, agli sguardi che parlano oltre le parole.

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Penso alla spensieratezza dei bambini, al loro saper giocare con qualsiasi cosa gli capiti sotto mano.

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Penso alla loro capacità di vincere le proprie paure.

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Penso.
Penso alle parole di mio marito, mentre ascoltava la notizia che la figlia di Whitney Houston era morta, a soli 22 anni, nella stessa maniera della madre.
“Pensa Dany, queste persone possono avere tutto, hanno tutto, possono viaggiare, non hanno problemi per arrivare a fine mese, potrebbero essere semplicemente felici… ma è come se non se lo concedessero.
Guardo noi, guardo cosa abbiamo, guardo come siamo… e so di essere felice, nel profondo.”
Ma d’altronde lo so… anch’ io sono fortunata!
Sono fortunata perchè nel tempo ho capito che le migliori cose nella vita… non sono cose!