Ieri giornata di logopedia, come ogni martedì, e visto che le scuole sono chiuse per le votazioni, con noi c’è anche Tommaso.
La giornata non è partita nel modo migliore. Nottata movimentata a causa del solito canino ritardatario di Emma, cambio armadi iniziato e mollato in totale alto mare, mia indecisione su cosa indossare, non certo per essere alla moda, ma per capire se avrebbe fatto caldo o meno…
Conseguenza: siamo in ritardo!
Oramai sono abituata alla mia incapacità di valutare bene i tempi, ma c’è anche Tommy da gestire, e i suoi compiti di italiano.
Sgrunt!
Cerco di farlo concentrare su articoli, su plurare e singolare, sul suono della “gl”, ma lì in saletta d’attesa c’è pure un’altra bambina, che frequentando la 2′ classe, ad ogni domanda rivolta a Tommaso, risponde sottovoce.
Il che non è dì per se così fastidioso, solo che Tommaso continua a distrarsi, a ridacchiare, a fare le vocine, e io…
Sgrunt!

Esce Emma, che si fionda di corsa in bagno, ad aprire ogni porta (con Tommy dietro a lei) e mentre parlo con Wanda (per Emma “Tanda”) della seduta mi rendo conto che dobbiamo passare a portare i piumino a lavare, quindi il tempo stringeva nuovamente.
Chiamo i bambini (sentendo la mia voce seccata) e cerco di dirigire Emma verso l’uscita, anche se lei ha solo voglia di correre in giro.
Riguardo l’ora, e penso che non ho nemmeno “imbastito” (come dice la mia amica Katia) il pranzo, che il mio letto è coperto da decine di pilette di indimenti di Emma, che non ho gli scatoloni adatti per metterli via, e che non riesco a passare al negozio a prenderli…
Usciamo finalmente dalla porta d’ingresso dell’ospedale ed Emma, sentendosi sospingere verso la macchina, e non verso il piccolo prato, pensa giustamente di sedersi per terra, sul marciapiede appena fuori dal portone.
Stra-sgrunt!
Se avessi dovuto seguire il corso della giornata (o del mio umore) avrei dovuto caricarla in braccio, e anche se divincolante, legarla al seggiolino auto.
Ma in quel momento ho sentito un click dentro di me, ho pensato che non era giusto forzarla così perchè ero io che mi ero organizzata mille impegno poco attuabili.
E al posto di prenderla in braccio mi sono accovacciata di fronte a lei, le ho detto che capivo che voleva andare a correre, c’era il sole caldo, ma Tommaso era già in macchina, e appena fatto le commissioni e mangiato avrebbe potuto andare in giardino.
Le persone passavano accanto a noi, osservandoci immagino, ma ero più preoccupata che questa strategia funzionasse piuttosto che al sentirmi giudicata.
Con la coda dell’occhio noto un ragazzo seduto sulla bicicletta, in equilibrio appoggiato al muro, poco distante da noi, che ci osserva, e mentre registro nella mente la sua presenza Emma si alza, con un gran sorriso, mi dice “ba bene” e si avvia verso l auto.
Mi alzo a mia volta (quasi stupita, lo ammetto!) e la raggiungo, la lego al seggiolino e faccio il giro dell’auto per andare al posto di guida.
Il ragazzo che avevo notato, credo di origine tunisina e intorno ai 13-14 anni, mi sorride, un sorriso imbarazzato e dolce, e mi dice qualcosa.
Gli chiedo di ripetere e lui mi dice:
“Sei una brava mamma”
Stupita da quella frase, sorrido imbarazzata e gli auguro una buona vita.
Salita in macchina penso…
Penso a come era il mio atteggiamento 10 minuti prima, a come sentivo salire il “disappunto” e a come quella frase, detta da un ragazzino sconosciuto (e non da un uomo) mi avesse spazzato via il colore blue…
Sta di fatto che il resto della giornata è stato all’insegna del colore giallo!
Un pensiero a te, giovane ragazzino sconosciuto… grazie!

(foto fatta da Tommaso!)