Questo è un post pieno di domande che in qualche modo vogliono creare una cornice attorno al prezioso racconto di G, che ringrazio per essersi raccontata con così tanta trasparenza.

Sono la mamma di Francesco, cinque anni compiuti da poco. Francesco è un bambino con lo zainetto invisibile con dentro un cromosoma in più, cromosoma che ha il suo peso!
Come mamma il problema non è stato accettare la sua condizione genetica, ma imparare a farmi da parte affinché lui avesse la possibilità e lo spazio per fare da solo.
Non è stato facile e tutt’ora devo sempre stare attenta a non invadere il campo d’azione di mio figlio.
Quest’anno, insieme con mio marito, abbiamo partecipato alla nostra quarta settimana estiva, quella organizzata da Daniela Tomasella e la sua splendida équipe a Caorle.
Durante i pasti tutti, o quasi tutti, i bimbi mangiavano da soli, solo il mio no!
Premetto che già da un po’ di tempo vivevo in maniera pesante imboccarlo, ma vivere questa situazione di forte contrasto mi ha dato il “colpo di grazia“.
Francesco sa usare benissimo la forchetta e il cucchiaio da solo, semplicemente non vuole usarli!
Ha capito che ha la possibilità di risparmiarsi una fatica facendosi imboccare.
Ha capito benissimo, e questo perché per noi in famiglia l’alimentazione è una cosa veramente importante, improrogabile.
Il momento dei pasti ha così una grande carica emotiva e lui sa che io lo potrei lasciare digiuno ad un pasto, ma a quello successivo no e qui, scatta il ricatto!
Alla settimana estiva i tentativi di farlo mangiare da solo non sono andati a buon fine forse perché la sala era piena di persone, una sala piena di allegra confusione. Ma comunque lontana dalla tranquillità di casa sua.
Il primo settembre, al termine della settimana si torna a casa affrontando un lungo viaggio e con mio grande stupore, la sera Francesco ha mangiato da solo!
Si è sentito sicuro, rispettato, capace, sereno nel suo ambiente e sotto i miei occhi un po’ stupiti, ma soprattutto orgogliosi, lui non ha chiesto neppure il mio aiuto!
La situazione è in evoluzione: a volte chiede di essere aiutato, a volte fa da solo, intanto si cammina, siamo sulla strada con gli occhi alla meta, una meta che accrescerà la sua autostima e il modo in cui lui si percepisce.

La settimana che le famiglie spendono in un contesto particolare e protetto, può essere fonte di spunto.
Ma prima è bene far nascere dubbi, dubbi scatenati dal confronto. E non sto parlando di “mio figlio ancora non fa questo in confronto ad un suo coetaneo” bensì “in assenza di patologie che impedirebbero un determinato movimento, posso provare a togliere il mio sostegno al bambino?
E ancora: “Il mio sostegno, è realmente accompagnarlo a fare da solo o è sostituirmi a lui? Quello che sto facendo serve a me, per una questione di tempo e di praticità, o lo aiuta ad interiorizzare un movimento finalizzato al soddisfacimento di un bisogno?
Questa mamma si racconta con sincerità e trasparenza in queste righe: argomento cibo, nutrimento.
Per noi il pranzo è un momento improrogabile“, non può essere rinviato.
Perciò come mi pongo io, mamma, con la mia postura e il mio non verbale, se di fronte ho mio figlio che si rifiuta di mangiare? Posso provare a resistere, attendendo che lui ci provi, ma pensare di non nutrire il proprio bambino muove tasti inconsci delicati, che una volta toccati risultano dolorosi.
Il nutrimento è la prima cosa che diamo a nostro figlio, dal primo suo momento di vita. Come è stato quel nutrimento? Era presente il latte materno o è avvenuto il passaggio al latte artificiale? Si è usato un tiralatte? E lo svezzamento, è stato semplice, nei limiti delle difficoltà iniziali riscontrate con i bambini con la trisomia 21, o si è protratto per lungo tempo?
Non è solo una questione di mangia o non mangia, parte da molto lontano.

Da quanto io mi sono sentita capace di nutrire mio figlio. E’ tutto registrato nel nostro corpo.

Ma c’è un’altra cosa da considerare, che parla sempre di legame mamma-bambino.

Nel momento in cui io smetterò di nutrirti… che ne sarà di me?

Sarò in grado di creare quella piccola iniziale distanza necessaria per farti crescere anche senza di me? Per portarti all’autonomia e all’autoregolazione? Sarò in grado di riempire quella distanza di qualcosa altro che abbia ugualmente un elevato valore? Potrò aumentare quella distanza, tirando indietro la mano piuttosto che tendendotela, per ampliare sempre più questa distanza e farti andare nel mondo? Nel mondo a creare nuove relazioni e conseguenti nuove autoregolazioni, ora che non sei più fuso con me?

Ad ognuno, i propri pensieri…

Ogni situazione è una situazione positiva se vista come un’opportunità per crescere e per autoelevarsi.
(Brian Tracy)