Domani, anzi, fra qualche ora ormai, si riaccenderà la magia della Settimana Estiva.

Qui, sola nella terrazza della struttura che ci ospita, accarezzata dal vento della notte e dal suono delle onde poco distanti, penso a domani.

20 famiglie, 17 volontari, 6 specialiste. Aspettative, dubbi, domande. Formulate da adulti, ragazzi, fratelli e sorelle.

Mi rivedo, 8 anni fa, aggrappata alla sedia, mentre ascolto per la prima volta Salvatore Lagati presentare il programma della Settimana Estiva per famiglie di bambini con la sindrome di Down. Domande, tante domande, che esigevano risposta: come avrebbero potuto aggiustare Emma in quei 7 giorni.

Mi rivedo 9 anni e mezzo fa, quando nulla sapevo sulla sindrome di Down. Quando alla mente mi giungevano solo aggettivi con il suffisso -in: incapace, inadatto.

Infelice.

Erano pensieri rivolti ad Emma, o rivolti a me stessa?

Forse ero io che dovevo aggiustarmi?

Quella mia prima esperienza di gruppo, 8 anni fa, mi ha fatto maturare una diversa consapevolezza. E’ stato un primo tassello di un mosaico complicato e in continua evoluzione. Troppo spesso vogliamo cambiare gli altri, per primi i nostri figli. Perchè rispondano alle nostre aspettative, perchè siano il nostro prolungamento nel mondo.

Spendiamo di continuo inutile energia nel modificare e plasmare, perdendo di vista che se osservati da un po’ più lontano, i nostri figli possono assumere la propria personale forma. Ciò non significa abbandonare, e lasciare il loro crescere al caso. Tutt’altro. Significa modellare uno specchio che mostri un’immagine positiva. Un’immagine che rifletta il permesso di fare esperienza, di provare e riprovare, provare ancora e magari tornare di nuovo indietro. Che conceda la frustrazione e che non la rifugga. Che valorizzi la risorsa piuttosto che sottolinei la mancanza.

Per essere quello specchio, è necessario fare posto. Posto dentro, scavando e dando voce alle emozioni più buie. Liberarle, lavorarle, trasformarle.

Ci vuole disponibilità d’animo, per percepire il proprio corpo ed ascoltarsi. Un piccolo ed immenso punto di partenza, per intraprendere un lungo cammino che porti alla personale consapevolezza di chi vogliamo essere per i nostri figli. Tutti i nostri figli.

Specchio che amplifichi i talenti o rifletta le carenze?

Domani, anzi, fra qualche ora, per molti, pochi o solo qualcuno, forse quel punto di partenza assumerà una forma concreta.

Io, nel frattempo, ci metto il cuore.